"U pummadoru a scocca"

Nei periodi estivi ,visitando i Borghi collinari siciliani vi sarà capitato guardare i grappoli di pomodori appesi. Dalle nostre parti (Messina e dintorni) si chiamano i “pummadoru a scocca”, un tipo di pomodoro che cresce in un terreno forte, argilloso con pochissima acqua. Una tecnica di coltivazione che conferisce un sapore dolcissimo , inoltre, appena raccolto con tutto il gambo, viene conservato all’aperto legando i grappoli tra di loro con uno spago.


Singolare il metodo di coltivazione. Cresce sulle cosiddette “terre forti” di natura argillosa, dopo che i terreni sono stati dissodati a solchi profondi 70 centimetri e larghi 40. E dopo che su questi solchi a novembre sono stati seminati lupini e fave che, essendo piante grasse, rendono più umido il terreno. Qualcuno vi aggiunge anche dello stallatico. A opera completata i solchi vengono richiusi per piantarvi i pomodori.


Vengono appesi nei muri, nelle travi di legno in locali ben ventilati come i “catoi”. Il suo nome sembra ispirato ai salotti intellettuali messinesi risalenti al primo dopoguerra con l’Accademia della scocca dove  la buona cucina accompagnava gli incontri culturali. L’altra denominazione “ruccalora” deriva dall’indicazione geografica di una delle zone ove la coltivazione di questo pomodoro è particolarmente intensa: l’area di Roccavadina. Sempre in provincia, specialmente sui Nebrodi assume il nome di “u miccittu siccagnu”, poiché la forma ricorda quella di un ciliegino un po' allungato, alla cui estremità c'è un caratteristico “capezzolo”; qui viene conservato durante l'inverno, sempre appeso a grappoli su una ninfa, una canna spezzata, in luoghi arieggiati.


Uno dei piatti tipici dove trova il suo impiego è il pescestocco a ghiotta alla messinese, al quale si aggiungono gli spaghetti alla carrettiera, la focaccia alla messinese, con sarde salate, scarola bianca e provola dolce di Montalbano,  e tanti altri piatti che rendono la sua prestigiosa presenza un unicum perfetto.