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Bacchette e cortigiane: i "conservatori delle repentite" in Sicilia Empty Bacchette e cortigiane: i "conservatori delle repentite" in Sicilia

Ven 21 Apr 2023 - 17:50
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Fra il XVI e XIX secolo si assiste, in Europa, alla fondazione di numerosi istituti femminili fortemente sostenuti sia dai poteri costituiti, la Chiesa e lo Stato, che da iniziative di benefattori e benefattrici laiche. Accanto ai conservatori destinati alle fanciulle pericolanti, orfane, trovatelle, donne sole, prive di figure maschili preposte al controllo del loro onore e, pertanto, più esposte al rischio di cadere in fallo, specifiche istituzioni sono destinate alle donne pericolate, peccatrici da redimere e controllare. Prostitute, donne ripudiate, separate, malmaritate, donne cadute o dissolute, peccatrici, tutte potevano trovare riparo nei “conservatori delle pentite”, il cui scopo, seguendo la progettualità di un’azione salvifica, era quello del reinserimento sociale, attraverso un matrimonio combinato o l’impiego come domestiche presso famiglie agiate. Tuttavia, nella realtà, l’internamento diveniva molto spesso definitivo. Significativamente definiti Ritiri, Rifugi, Conservatori, Asili, Case di Soccorso, questi istituti spesso erano intitolati a Maria di Magdala, la Maddalena – che da prostituta pubblicamente svergognata diviene una santa particolarmente vicina a Cristo – , a santa Pelagia – attrice e prostituta convertitasi del III secolo –, a santa Maria Egiziaca, venerata come santa patrona delle prostitute pentite. In altri casi, i nomi degli enti assistenziali pongono l’accento sulle donne internate che vengono definite pentite, repentite (termine che nasce dalla contrazione delle due parole ree e pentite), convertite, Maddalene, peccatrici.
In Italia i primi istituti nascono già nel tardo Quattrocento e all’inizio del Cinquecento e si diffondono a partire dalla seconda metà del XVI secolo, in linea con il progetto controriformistico della Chiesa cattolica che, attraverso una capillare attività di disciplinamento dei costumi della società, si fa sempre più pressante al fine del controllo sociale delle donne ai margini.


Santa Maria Egiziaca

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Del tutto differenti dai monasteri medievali e rinascimentali destinati a ex meretrici, all’interno dei quali le donne prendono i voti e vi restano per tutta la vita, nei conservatori delle pentite, attraverso una ferrea disciplina, il lavoro e gli esercizi spirituali, la donna dall’onore perduto poteva riacquistare, in questi luoghi di “frontiera” tra peccato e redenzione, un ruolo onesto nella società.
Presenti nei centri urbani più importante dell’isola, erano nati tutti allo scopo di offrire sostegno alle peccatrici pentite o in condizioni di bisogno. Col tempo, in alcuni casi, assunsero carattere religioso e accettarono solo le vergini, venendo meno così alle idealistiche intenzioni dei fondatori. Proprio la scelta di alcuni di questi istituti di trasformarsi in monasteri (probabilmente per elevarsi) tradì le intenzioni dei fondatori e deviò i ricoveri dalla loro funzione originaria:  molte donne che avrebbero potuto essere salvate dalla miseria e dal degrado, non essendo più ammesse negli istituti, finirono per essere abbandonate a loro stesse.


Isabella di Capua

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Di queste strutture, nella sola città di Palermo se ne contavano ben sette. La più famosa era il Monastero delle Repentite o di Santa Maria della Grazia;  qui, scriveva Agostino Inveges, avevano riparo « ... quelle misere donne, le quali la sordidezza della lussuria desideravano colle lagrime e colla penitenza mondiare e limpiare e per(ci)ò eran chiamate le ree pentite... ».
Il monastero era stato fondato nel 1524 da suor Francesca Leonfante dei Baroni della Verdura, religiosa proveniente dal monastero di Santa Chiara; ma dopo la morte della fondatrice, le poche monache trovandosi in grandi ristrettezze economiche erano state trasferite in altri monasteri. I benefattori Spatafora, Tagliavia e Arduino nel 1543 vi avevano istituito un ricovero per donne di mala vita ormai pentite della loro dissolutezza. In questo periodo, il loro sostentamento era garantito dal Senato palermitano e dalle cortigiane ancora in attivo con il “diritto della bacchetta”.


l'antica Via del Cassaro a Palermo, oggi Via Vittorio Emanuele

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L’imposta era stata ideata da Isabella di Capua, principessa di Molfetta, moglie del vicerè Ferrante I Gonzaga, il fondatore dello stato di Guastalla. Questa imposta consisteva in una tassa versata dalle cortigiane ancora in “servizio” al Senato Palermitano.
La pratica – alquanto grottesca – concedeva alle cortigiane il diritto di vestirsi come “donne dabbene”, indossando abiti di seta e di oro, peculiarità appunto delle donne “oneste”, in quanto le cortigiane, all’epoca, indossavano una divisa per essere subito riconoscibili. Da questa tassa erano escluse le prostitute di strada, le cosiddette “cassariate” o “cassariote”, le donne che si vendevano per strada al Cassaro e che erano le più povere.
Fa molto riflettere invece, ciò che scrive L. Sampolo nella sua “Istoria degli istituti femminili di emenda della città di Palermo dal secolo XVI al XIX” sulla scelta e selezionamento delle fanciulle “traviate”: « ... La traviata che desiderava entrarvi doveva essere non maritata, nè maggiore di 25 anni, bella, sana di corpo e sinceramente pentita. Accanto al Monistero era una casa di probazione, ove le donne traviate affermavan pruova del loro ravvedimento innanzi di passare allavita claustrale ... ».


La Cripta delle Repentite a Palermo

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Il monastero fu abolito nel 1866 e dimenticato per secoli; oggi l'edificio è destinato a dipartimenti universitari. Nel 2005, i lavori di ristrutturazione hanno portato alla luce la cripta (circa 16 metri quadri), in cui è custodito un ricco tesoro: un altare seicentesco, la tomba della Madre Badessa, di cui è stata trovata solo una ciocca di capelli e le panche dove venivano appoggiate le defunte i cui i corpi venivano prosciugati prima di venire sepolti, secondo la tradizione dei Cappuccini.



(dal web)

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