L’arte dell’inganno: la mimetizzazione delle casematte siciliane
Sab 22 Apr 2023 - 15:06
Passeggiando per le zone costiere o di montagna dell’isola, capita di imbattersi in strane strutture in cemento, a cupola e con delle fessure (alcuni dicono che somiglino a dei forni a legna) non avendo idea di cosa siano. Ebbene, quelle sono le casematte e in Sicilia ce ne sono centinaia, 762 per l'esattezza quelle censite dal 2017 ad oggi.
Perché si chiamano casematte non si sa, o almeno non c'è certezza. L’etimologia si collega probabilmente al termine spagnolo matadero\mataDéro, cioè mattatoio, dunque un luogo in cui avveniva qualcosa di brutto, di violento. E in effetti la casamatta nasceva come fortino in cui si nascondeva il militare per sparare. Sono fortificazioni statiche che avevano come obbiettivo quello di difendere un punto.
Costruite per esigenze difensive da parte del Ministero della guerra del Regno d’Italia (l'attuale ministero per la Difesa, per intenderci), si calcola che in Sicilia alla data del luglio 1943 fossero quasi duemila le casematte, comprese quelle nelle isole minori, Pantelleria, Favignana, Lampedusa. Il principio era quello dell'osservazione costiera e dello sbarramento di fuoco ad uso difensivo e militare. Cosa che poi ebbe poco effetto.
La realizzazione di queste strutture era demandata ai militari del genio del Regio Esercito. C’è una specialità che ancora oggi esiste e che si chiama Genio Militare, ed è quel nucleo di cui fanno parte coloro che realizzano le trincee i ponti, le fortificazioni. Militari e soldati che avevano un'attitudine e avevano sviluppato una capacità: conoscevano il territorio; la casamatta doveva adattarsi alle esigenze del territorio in cui veniva realizzata. Spesso, le casematte siciliane erano molto ben mascherate: talune da chiesa o da abside bizantina o da casa rurale. Molte delle casematte siciliane furono edificate dalla “126^ Compagnia Genio, 2° Battaglione Genio Zappatori”, come dimostrano i numerosi fregi raffigurati su di esse.
A Carini (Palermo) si trova uno degli esempi più significativi di abside militare, un manufatto dalle caratteristiche architettoniche uniche, sia dal punto di vista strategico sia da quello costruttivo. Costruita con forme di abside bizantina, oggi l’abside di Carini è nascosta dai palazzi della cittadina palermitana che ne celano la presenza, e rendono quasi indecifrabile all’osservatore la sua ragion d’essere rispetto al territorio. La casamatta sorge in via Palermo 6.
Fu realizzata agli inizi degli anni ’40 del secolo scorso dal Regio Esercito italiano per la difesa del territorio attorno a Palermo. La casamatta era posta a presidio di un importante incrocio stradale che collega il litorale carinese con il paese di Torretta, e quindi con Palermo.
Il manufatto militare, che domina su un’altura a poche centinaia di metri dal Castello di Carini, rappresenta un’eccezionale esempio di mascheramento, ovvero quell’arte a metà tra le opere militari e quelle architettoniche in grado di dissimulare la natura di una fortificazione rendendola simile a un edificio urbano, come nel caso della casamatta Carini, grazie al suo particolare camuffamento, risulta essersi perfettamente integrata nel tessuto storico ed architettonico della cittadina palermitana, famosa per il suo Castello, ma anche per le numerose chiese nel centro storico: ecco il perché di queste particolarità ricamate abilmente addosso alla postazione militare carinese.
La casamatta di Carini è un’importante testimonianza storica ed architettonica anche per un’altra evidente abilità tipica del Genio Zappatori del Regio Esercito che la progettò e la realizzò: il sito dove la fortificazione è stata costruita, di matrice calcarea ed argillosa, fu intensamente modificato con la rimozione di grandi quantità di materiale roccioso, al fine di rendere possibile la visuale verso il basso, e consentire così l’osservazione e l’eventuale difesa dell’importante obiettivo strategico sottostante. Un lavoro, questo, che negli anni ’40 del secolo scorso venne fatto senza l’utilizzo di macchinari, ma con l’ausilio delle maestranze locali.
casamatta costiera a Mazara del Vallo
casamatta nelle campagne di San Fratello
casamatta edificata in contrada Danigarci, nel Comune di Trabia
Perché si chiamano casematte non si sa, o almeno non c'è certezza. L’etimologia si collega probabilmente al termine spagnolo matadero\mataDéro, cioè mattatoio, dunque un luogo in cui avveniva qualcosa di brutto, di violento. E in effetti la casamatta nasceva come fortino in cui si nascondeva il militare per sparare. Sono fortificazioni statiche che avevano come obbiettivo quello di difendere un punto.
casamatta col tipico mascheramento in pietre, Siracusa
casamatta mascherata da antica torre di avvistamento
casamatta mascherata da casa rurale
Costruite per esigenze difensive da parte del Ministero della guerra del Regno d’Italia (l'attuale ministero per la Difesa, per intenderci), si calcola che in Sicilia alla data del luglio 1943 fossero quasi duemila le casematte, comprese quelle nelle isole minori, Pantelleria, Favignana, Lampedusa. Il principio era quello dell'osservazione costiera e dello sbarramento di fuoco ad uso difensivo e militare. Cosa che poi ebbe poco effetto.
casamatta mascherata da cisterna a Carlentini
altra casamatta a cisterna sui Peloritani
due foto della casamatta costiera di finale di Pollina
due esempi di casematte ben mimetizzate con l'ambiente edificate nel palermitano
La realizzazione di queste strutture era demandata ai militari del genio del Regio Esercito. C’è una specialità che ancora oggi esiste e che si chiama Genio Militare, ed è quel nucleo di cui fanno parte coloro che realizzano le trincee i ponti, le fortificazioni. Militari e soldati che avevano un'attitudine e avevano sviluppato una capacità: conoscevano il territorio; la casamatta doveva adattarsi alle esigenze del territorio in cui veniva realizzata. Spesso, le casematte siciliane erano molto ben mascherate: talune da chiesa o da abside bizantina o da casa rurale. Molte delle casematte siciliane furono edificate dalla “126^ Compagnia Genio, 2° Battaglione Genio Zappatori”, come dimostrano i numerosi fregi raffigurati su di esse.
il fregio della 126^ Compagnia Genio, presente su due casematte siciliane
casamatta in contrada Camemi di Ragusa
la casamatta del Faro di Capo Gallo
la casamatta alla Torre di Mondello
A Carini (Palermo) si trova uno degli esempi più significativi di abside militare, un manufatto dalle caratteristiche architettoniche uniche, sia dal punto di vista strategico sia da quello costruttivo. Costruita con forme di abside bizantina, oggi l’abside di Carini è nascosta dai palazzi della cittadina palermitana che ne celano la presenza, e rendono quasi indecifrabile all’osservatore la sua ragion d’essere rispetto al territorio. La casamatta sorge in via Palermo 6.
la casamatta ad abside bizantina di Carini
Fu realizzata agli inizi degli anni ’40 del secolo scorso dal Regio Esercito italiano per la difesa del territorio attorno a Palermo. La casamatta era posta a presidio di un importante incrocio stradale che collega il litorale carinese con il paese di Torretta, e quindi con Palermo.
Il manufatto militare, che domina su un’altura a poche centinaia di metri dal Castello di Carini, rappresenta un’eccezionale esempio di mascheramento, ovvero quell’arte a metà tra le opere militari e quelle architettoniche in grado di dissimulare la natura di una fortificazione rendendola simile a un edificio urbano, come nel caso della casamatta Carini, grazie al suo particolare camuffamento, risulta essersi perfettamente integrata nel tessuto storico ed architettonico della cittadina palermitana, famosa per il suo Castello, ma anche per le numerose chiese nel centro storico: ecco il perché di queste particolarità ricamate abilmente addosso alla postazione militare carinese.
La casamatta di Carini è un’importante testimonianza storica ed architettonica anche per un’altra evidente abilità tipica del Genio Zappatori del Regio Esercito che la progettò e la realizzò: il sito dove la fortificazione è stata costruita, di matrice calcarea ed argillosa, fu intensamente modificato con la rimozione di grandi quantità di materiale roccioso, al fine di rendere possibile la visuale verso il basso, e consentire così l’osservazione e l’eventuale difesa dell’importante obiettivo strategico sottostante. Un lavoro, questo, che negli anni ’40 del secolo scorso venne fatto senza l’utilizzo di macchinari, ma con l’ausilio delle maestranze locali.
(dal web)
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