L'isola del giorno dopo
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.

Andare in basso
drogo11
drogo11
Admin
Messaggi : 508
Data di iscrizione : 01.11.22
Località : Marte
https://isoladelgiornodopo.forumattivo.com

Le fave: fra simbolismo e arte culinaria Empty Le fave: fra simbolismo e arte culinaria

Gio 6 Lug 2023 - 11:08
Le fave: fra simbolismo e arte culinaria EjsJREi


Uno degli ortaggi più consumati in primavera è la fava. Un antico detto siciliano recitava: “Aprili favi chini, s’un su ccà su a li marini” indicando il periodo in cui le fave sono pronte: ad aprile nelle zone marine, mentre nelle zone interne nel mese di maggio. Essiccata, la fava è consumata tutto l’anno. Le fave sono un alimento da inserire in una dieta equilibrata perché aiutano il transito intestinale e riducono colesterolemia e glicemia. Disintossicanti e diuretiche, prevengono anche la formazione di calcoli. La pianta delle fave è originaria dell’Asia Minore e da secoli è ampiamente coltivata per l’alimentazione umana e animale (foraggio). Oltre ad essere un cibo prezioso, nella cultura agro-pastorale siciliana le fave hanno un importante significato simbolico. La fava, dal latino faba e dal greco kúamoi, era una pianta molto rispettata dagli antichi perché ritenuta consacrata agli Dei.

Le fave: fra simbolismo e arte culinaria 4Ncvndy

Per le popolazioni egizie erano considerate come il simbolo dell’incarnazione tanto da chiamare “campo di fave” il luogo in cui le anime soggiornavano in attesa di reincarnarsi. I sacerdoti egiziani la consideravano immonda, poiché mangiandolo, si sarebbero cibati delle carni dei propri cari. Ai discepoli di Pitagora, come agli adepti dei culti orfici, era assolutamente vietato mangiare fave perché equivaleva a divorare i propri genitori e significava interrompere il ciclo della reincarnazione. I pitagorici provavano nei loro confronti un vero e proprio orrore poiché la fava ha uno stelo privo di nodi grazie al quale essa diventa un mezzo di comunicazione privilegiato tra l’Ade e il mondo degli uomini, strumento quindi di metempsomatosi (passaggio da un corpo ad un altro) e del ciclo delle nascite. Secondo Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) le fave contenessero le anime dei morti, e per questo motivo erano utilizzati nei Misteri di Dionisio e di Apollo, come pure nei vari culti dei morti. Per i greci le fave restavano il simbolo “dei defunti” ma si dovevano mangiare poiché trasmettevano la loro benedizione.  Per i romani erano sacre ai morti e si ritenevano che ne custodissero le anime. Ne facevano grande uso, anche crude con l’intero baccello (quando erano molto tenere). Però le consumavano soltanto in occasione di riti funebri.

Le fave: fra simbolismo e arte culinaria IEvXtPK

Probabilmente queste credenze erano legate ai caratteri botanici della pianta: il fiore di fava, da cui si sviluppano i baccelli contenenti i semi, è bianco maculato di nero, colore insolito nel mondo vegetale e per tradizione associato alla morte. Le macchie nere sui petali dei fiori delle fave erano considerate un lugubre segno dell’aldilà, anzi si pensava che le anime vaganti dei defunti albergassero proprio in quei fiori maculati. Nell’antica Roma, durante le celebrazioni della Dea Flora, protettrice della natura, vere e proprie cascate di fave erano riversate come buon auspicio sulla folla in festa. I Romani la offrivano inoltre col lardo agli dei e il nome stesso della gens Fabia sembra derivi da questo legume.

Le fave: fra simbolismo e arte culinaria 5SJyGgm

Nella cultura agro-pastorale siciliana questo legume rappresentava un tramite con aldilà, il legame tra i vivi e i morti. Difatti in molte parti della Sicilia le fave secche, bollite da sole o con minestre, sono uno dei cibi tradizionali dei morti, che è consumato nel giorno della Commemorazione dei Defunti (2 novembre). Nel libro “Spettacoli e feste popolari siciliane” l’antropologo Giuseppe Pitrè riporta l’antica credenza secondo cui «gli antichi le fave contenevano le anime dei loro trapassati: sacre ai morti essendo le fave, e credendosi di vedere ne’ fiori di essi certi caratteri neri neri (indizi di lutto) che si attribuivano agli dei infernali». Esiste una relazione molto stretta tra i morti e il cibo: cibarsi delle fave nel giorno in cui si ricordano i propri cari, è come ricostituire una continuità tra la vita e la morte. In quanto simbolo delle anime defunte, cibarsi delle fave è come un incorporare i morti, facendoli così rinascere.

Le fave: fra simbolismo e arte culinaria XSZLnWT

L’importanza simbolica delle fave nella vita quotidiana dei siciliani si evidenzia anche in alcuni riti propiziatori che le donne mettevano in atto al momento della nascita di un neonato.  In “Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano”, Pitrè riporta una filastrocca che nel Circondario di Modica veniva recitata dalla donna più anziana presente al momento della nascita di un bambino, dopo aver posto nove fave nere sul tavolo. Serviva per accattivarsi la simpatia delle “Donne di fora” benigne:

“Favi favuzzi,
Ch’hannu niuri li ‘uccuzzi!
E viniti cu lu suli,
Cà la menza è priparata;
E faciemucci anuri
A lu figghiu e a la figghiata!”.

Altro rito propiziatorio con le fave, legato al sesso del nascituro, si svolgeva durante la festa di san Giovanni battista (24 giugno). Presa una fava cruda, una donna gravida andava a posizionarsi davanti alla porta, buttando la fava all’indietro: se il primo a passare dopo l’atto era un uomo il bimbo sarebbe stato maschio, se era una donna sarebbe stata femmina. La prova andava ripetuta tre volte.

Le fave: fra simbolismo e arte culinaria GCKAE6t

E veniamo adesso ad una delle ricette più famose in terra di Sicilia, che prevede l’utilizzo di questo legume: il Macco di fave. Il macco di fave (Maccu, in dialetto) è un piatto tipico della tradizione povera siciliana, una zuppa di fave secche profumata al finocchietto selvatico e, a piacere, arricchita con le verdure. Le fave secche vanno messe in acqua, per farle ammorbidire, la sera precedente e fatte cuocere fino ad ottenere una crema. “Macco“, deriva dal latino “maccare” ovvero “ridurre in poltiglia“. Una volta pronta la zuppa, può essere accompagnata con fette di pane casereccio oppure con la pasta, come da tradizione.

INGREDIENTI

• Mezza cipolla
• Una carota
• 250 g di fave secche
• 400 g di bietola
• 60 g di finocchietto selvatico
• 200 g di spaghetti spezzati o pasta corta
• Q.b. di olio evo
• Q.b. di sale
• Q.b. di pepe


PREPARAZIONE

1. Mettete in ammollo per almeno 12 ore le fave secche, affinché risultino più morbide e possano cuocersi in minor tempo.

2. Tagliate finemente la cipolla e la carota e soffriggetele in olio evo per qualche minuto. Aggiungete le fave già ammollate, fate rosolare qualche minuto e coprite con acqua. Le fave dovranno cuocere fino a sfaldarsi formando una rustica cremina.

3. Quando le fave saranno quasi pronte, aggiungete la bietola tagliata a pezzetti e il finocchietto tritato finemente.

4. A fine cottura unite al macco la pasta facendola cuocere al suo interno, potete usare degli spaghetti spezzati, come è tradizione in Sicilia o in alternativa dell'altra pasta corta.

5. Quando la pasta è cotta, servite aggiungendo sopra un filo d'olio evo a crudo.



“Nun c’è megghiu sarsa di la fami”

(Proverbio siciliano)




(dal web)

_________________
I testi e le immagini sono stati pubblicati credendo di non violare alcun diritto acquisito, se così non fosse vi preghiamo di informarci immediatamente per la cancellazione del materiale protetto da copyright.


Le fave: fra simbolismo e arte culinaria AGls75S

Et si omnes, ego non
A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio
La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli
Stupidi si nasce, ma ridicoli ci si diventa
Wenn meine Großmutter Räder hätte, wäre sie ein Fahrrad
Torna in alto
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.