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Il dialetto siciliano e l'attualità dei suoi proverbi Empty Il dialetto siciliano e l'attualità dei suoi proverbi

Sab 12 Nov 2022 - 15:07

Il dialetto siciliano e l'attualità dei suoi proverbi



Il dialetto siciliano e l'attualità dei suoi proverbi B9dsGJI




I proverbi ed i modi di dire siciliani hanno il pregio di essere sempre attuali, inoltre, in poche parole riescono a spiegare fatti e caratteristiche dell’uomo di ieri e di oggi. Il balletto con cui i nostri uomini politici ci deliziano ormai da qualche anno a questa parte, richiama alla mente di noi siciliani il “detto”: Tutta 'a sciarra è pa cutra" (Tutta la lite è per la coperta/copriletto).
In questo caso il detto popolare si riferisce a chi finge di essere disinteressato, o spinto da buoni propositi per raggiungere un fine, invece maschera soltanto un interesse di carattere economico o sociale. Inizialmente si diceva tra parenti quando c’era da dividere l’eredità del caro estinto.
La “cutra”, è un copriletto, una coperta che le nostre nonne e le nostre mamme mettevano sopra il letto per estetica e non come riparo dal freddo. E’ una coperta intessuta con diversi lavori e materiale con frange nei tre lati. Spesso il materiale usato era il lino e cotone insieme, oppure lana e seta o quello che le possibilità economiche concedevano. C’era anche la “cutricedda” di piccole dimensioni, oppure “ ‘u cutruni”, una copertina di lino lavorata come una “cutra” che si usata per avvolgere i bambini in fasce.
Perché nacque questo detto?
Nei tempi antichi le bare per trasportare i morti (tabbuti) non erano pregiate come quelle odierne ma semplici casse di legno. Durante il trasporto della salma, si copriva la cassa con una coperta elegante per nascondere la povertà dei familiari ed a tale scopo si poneva sopra la “cutra”.
In italiano si dice “coltre” anche di un drappo nero, o panno, che si poggiava sopra la bara durante la permanenza in chiesa.
Il grande Giuseppe Pitrè spiegò che la nascita di questo detto derivò I parroci, fregandosene di un editto del Viceré Domenico Caracciolo, che proibiva di esigere qualunque diritto di denaro o altro in occasione di morte, in accordo con le decisioni prese dal III Concilio Lateranense, specularono realizzando una “cutra” adatta allo scopo, spesso di colore nero con rappresentazioni grafiche che mettevano sopra la bara dietro pagamento dei parenti del defunto. Ciò si trasformò in consuetudine e divenne un diritto parrocchiale. Allora gli eredi dovevano pagare le spese del funerale, quindi anche la “cutra” e pagavano il parroco in misura di quanto avevano ereditato. E’ logico che perciò avvenissero liti (sciarre).
Quando tra parenti c’era qualcuno che aveva un interesse maggiore nei confronti del defunto ricco, veniva accusato dagli altri parenti che il vero scopo fosse l’eredità, cioè la “cutra” e non l’affetto. Da qui nacque il termine “cutrara” a chi manifestava un intento nobile mascherando quello dell’interesse economico.
Il termine “cutrara” fu anche adottato per una triste vicenda politica.
Nell’anno 1862, a Castellammare del Golfo, vi fu un evento terribile ed ignobile conosciuto come “La rivolta contro i cutrara”. Fu una delle tante manifestazioni di sofferenza contro la neo colonizzazione piemontese ai danni del Popolo Siciliano che si ribellò. Durante l’impresa dei Mille, i cittadini di Castellammare del Golfo si aggregarono ai garibaldini credendo alla liberazione, al cambiamento ed alla giustizia sociale e le terre. Queste aspettative furono subito tradite: molti di quelli che avevano parlato di libertà e di nobili principi avevano fatto i propri interessi e si erano arricchiti, avevano acquistato i beni ecclesiali con pochi soldi, avevano ottenuto cariche politiche importanti ed avevano fatto esonerare i figli dal “servizio obbligatorio di leva”. Avevano tradito la propria terra ed il proprio popolo. Il popolo li soprannominò i “cutrara”.
Proprio la legge della “leva obbligatoria” (Gazzetta Ufficiale del 30 Giugno 1861) fu il motivo della ribellione. Il popolo di Castellamare, che era stato unanime a Plebiscito del 21 Ottobre 1860 si rivoltò contro. Più di quattrocento rivoltosi al grido di ”fuori la leva, morte ai cutrara”, alle ore 14,00 del primo Gennaio del 1862 entrarono a Castellammare con un drappo rosso decisi a lottare contro l’ingiustizia che si era instaurata, assaltarono il Municipio, l'ex Giudicatura, la Dogana, il Carcere e la Caserma dei Carabinieri. Fu una rivolta dovuta alla sofferenza politica, alla neocolonizzazione italiana ed alla povertà, come ve ne furono in altre parte della Sicilia fino alla rivolta del Sette e Mezzo di Palermo (1866). Queste rivolte furono soffocate con estrema ferocia dalle truppe garibaldine e sabaude. Naturalmente gli storici hanno sempre nascosto o minimizzato questi eventi, alcuni addirittura scrissero che furono manifestazioni di una classe sociale contro un’altra. E’ una grande bugia. Il 3 Gennaio 1862, ci fu la rappresaglia da parte delle truppe del Regio Esercito Italiano, inviate dal generale Covone al comando dall’ex garibaldino generale Pietro Quintino e le cannonate da due navi da guerra. Le navi, arrivate al porto fecero sbarcare centinaia di bersaglieri che diedero immediatamente la caccia ai rivoltosi. Rastrellarono ovunque ma non trovarono nessuno ma nelle vicine campagne fucilarono alcune persone senza processarli.
Ritornando ai nostri tempi, ancora oggi, i nostri politici hanno un chiodo fisso nella mente: la poltrona ed il potere. Qualcuno cambia partito, qualcun altro ne crea un’altro, il Tizio rompe il rapporto politico con Caio o viceversa. Nessuno fa un passo indietro.
Sono i nuovi “cutrari”.
Probabilmente non li capiamo. Fanno questo soltanto "per il bene del Paese"…


(dal web)
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