- mamarAdmin
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Località : l'isola che non c'è
Come trecento anni fa
Sab 8 Lug 2023 - 17:54
Con la costa calabrese a una manciata di chilometri, così vicina che sembra di toccarla, Messina è la porta di quel “continente nel continente” che è la Sicilia. Proprio dall’incontro di Ionio e Tirreno la città trae la sua forza, con alcune usanze marinare che proseguono nonostante le fortune alterne imposte da calamità e ricostruzioni. Mentre sullo stretto si rincorrono le feluche per la “caccia” al pesce spada, bisogna spostarsi qualche chilometro più a nord, verso la verdeggiante riserva lagunare di Capo Peloro, per toccare con mano la tradizione plurisecolare dell’allevamento delle vongole, che nel Lago Grande sopravvive uguale a sé stessa da quasi tre secoli.
Il Lago Grande di Ganzirri a Messina
Palme, oleandri, papiri, eucalipti e pini marittimi, rifugio per uccelli migratori in traversata: è semplice immaginare il passato palustre del Lago di Ganzirri, che prima della bonifica del protettorato inglese non era che una sequela di stagni salmastri. Nel ‘700 vennero aperti i canali per il direzionamento delle acque verso il mare conformando due laghi, capaci di invitare la popolazione a spostarsi sulla costa, che prima di allora era insalubre e pericolosa per via dei corsari (fateci caso: i più antichi borghi dei pescatori erano in posizioni elevate e ancora oggi non è raro imbattersi in qualche barchetta “parcheggiata” lontano dalle spiagge).
Questo perché ci si accorse, da subito, che nelle acque del Grande cresceva spontaneamente un mollusco mai visto altrove: l’autoctona vongola rizza, dalle valve bianche leggermente striate, non troppo grande — qui la chiamano cutignina — ma dal frutto arancione carnoso e dolcissimo.
“I nostri bisnonni avevano una concessione dei Borboni. Sono stati loro a creare secche e calate ammassando pietre e spianando sabbia”, spiega il vicepresidente della Cooperativa Lago Grande Ganzirri Lillo Mangraviti, quarta generazione di una famiglia che ha addomesticato, curato e poi messo a frutto questo specchio d’acqua. Ogni giorno, il lavoro del cocciularo — con lui altri 70 soci che si occupano ciascuno di una ventina di lotti — non è diverso da allora.
“Nemmeno gli strumenti sono cambiati, se non per i materiali, un po’ più resistenti. Abbiamo semplicemente constatato che in un altro modo non funziona”. Innanzitutto c’è la pulizia delle acque, con la rimozione di alghe e infiorescenze “che levano ossigeno. Le vendiamo all’industria farmaceutica e intanto teniamo le acque salubri e piene di plancton. L’obiettivo è far arrivare ai molluschi tanto nutrimento e lasciarli crescere in modo naturale”. Oltre alla manutenzione del fondale — da un metro scarso ai 12 nei punti più profondi — la prima operazione riguarda il setacciamento delle rive con rastrelli a diverso calibro, per recuperare le vongole fecondate e suddividerle tra le locali rizze “che si trovano a un centimetro e mezzo sotto la sabbia. Poi ci sono le femminiedde, ovvero le telline e, più giù, le grosse cocciule veraci”.
Suddivisi per famiglie, i molluschicoltori le trasferiscono poi nelle secche centrali, dove crescono fino a un anno. Si passa poi alla stabulazione — un giorno di spurgatura — che avviene nel limitrofo Lago Piccolo, dedicato invece all’allevamento semindustriale delle cozze. “Tra poco potremo chiedere per i nostri prodotti anche la denominazione di origine”, spiega il signor Lillo tra una remata e l’altra, “che ci farà conoscere meglio in tutta Italia”.
Le tradizioni marinare di Messina e la cucina di pesce
Dalle pescherie affacciate sui laghi, “che hanno dato da vivere a generazioni di pescatori del borgo”, le vongole di Ganzirri arrivano sulle migliori tavole. Come quella di Brizza, il pop up estivo del panoramico Hotel Belmond Villa Sant’Andrea a Taormina. Qui lo chef Agostino D’Angelo le serve come antipasto con crostini all’aglio ai clienti che — prima di una cena che definire pieds dans l’eau è riduttivo — hanno la possibilità di percorrere il lago con la guida dello stesso Mangraviti.
E addirittura coronare la visita con un pranzo casalingo a base di (naturalmente) spaghetti alle vongole. Eccellente, a Messina, anche il pesce spada, che sceglie le acque mosse tra Scilla e Cariddi per la riproduzione. Tra giugno e agosto basterà un’occhiata al largo per scorgere le sveltissime feluche, provviste di antenne per l’avvistamento e lunghe passerelle per cogliere i grossi pesci di sorpresa.
Come si riconosce lo spada di qui? Dalla “cardiata”, ovvero l’incisione a croce sul muso, ben esposta sui banconi per garantire freschezza e qualità meglio di qualsiasi marchio. Ascoltate i consigli dei pescatori e fatelo a fettine sottili, da arrotolare intorno a un ripieno di pan grattato, aglio, finocchietto, pinoli e uvetta e cuocere in padella.
Il Lago Grande di Ganzirri a Messina
Palme, oleandri, papiri, eucalipti e pini marittimi, rifugio per uccelli migratori in traversata: è semplice immaginare il passato palustre del Lago di Ganzirri, che prima della bonifica del protettorato inglese non era che una sequela di stagni salmastri. Nel ‘700 vennero aperti i canali per il direzionamento delle acque verso il mare conformando due laghi, capaci di invitare la popolazione a spostarsi sulla costa, che prima di allora era insalubre e pericolosa per via dei corsari (fateci caso: i più antichi borghi dei pescatori erano in posizioni elevate e ancora oggi non è raro imbattersi in qualche barchetta “parcheggiata” lontano dalle spiagge).
Questo perché ci si accorse, da subito, che nelle acque del Grande cresceva spontaneamente un mollusco mai visto altrove: l’autoctona vongola rizza, dalle valve bianche leggermente striate, non troppo grande — qui la chiamano cutignina — ma dal frutto arancione carnoso e dolcissimo.
“I nostri bisnonni avevano una concessione dei Borboni. Sono stati loro a creare secche e calate ammassando pietre e spianando sabbia”, spiega il vicepresidente della Cooperativa Lago Grande Ganzirri Lillo Mangraviti, quarta generazione di una famiglia che ha addomesticato, curato e poi messo a frutto questo specchio d’acqua. Ogni giorno, il lavoro del cocciularo — con lui altri 70 soci che si occupano ciascuno di una ventina di lotti — non è diverso da allora.
“Nemmeno gli strumenti sono cambiati, se non per i materiali, un po’ più resistenti. Abbiamo semplicemente constatato che in un altro modo non funziona”. Innanzitutto c’è la pulizia delle acque, con la rimozione di alghe e infiorescenze “che levano ossigeno. Le vendiamo all’industria farmaceutica e intanto teniamo le acque salubri e piene di plancton. L’obiettivo è far arrivare ai molluschi tanto nutrimento e lasciarli crescere in modo naturale”. Oltre alla manutenzione del fondale — da un metro scarso ai 12 nei punti più profondi — la prima operazione riguarda il setacciamento delle rive con rastrelli a diverso calibro, per recuperare le vongole fecondate e suddividerle tra le locali rizze “che si trovano a un centimetro e mezzo sotto la sabbia. Poi ci sono le femminiedde, ovvero le telline e, più giù, le grosse cocciule veraci”.
Suddivisi per famiglie, i molluschicoltori le trasferiscono poi nelle secche centrali, dove crescono fino a un anno. Si passa poi alla stabulazione — un giorno di spurgatura — che avviene nel limitrofo Lago Piccolo, dedicato invece all’allevamento semindustriale delle cozze. “Tra poco potremo chiedere per i nostri prodotti anche la denominazione di origine”, spiega il signor Lillo tra una remata e l’altra, “che ci farà conoscere meglio in tutta Italia”.
Le tradizioni marinare di Messina e la cucina di pesce
Dalle pescherie affacciate sui laghi, “che hanno dato da vivere a generazioni di pescatori del borgo”, le vongole di Ganzirri arrivano sulle migliori tavole. Come quella di Brizza, il pop up estivo del panoramico Hotel Belmond Villa Sant’Andrea a Taormina. Qui lo chef Agostino D’Angelo le serve come antipasto con crostini all’aglio ai clienti che — prima di una cena che definire pieds dans l’eau è riduttivo — hanno la possibilità di percorrere il lago con la guida dello stesso Mangraviti.
E addirittura coronare la visita con un pranzo casalingo a base di (naturalmente) spaghetti alle vongole. Eccellente, a Messina, anche il pesce spada, che sceglie le acque mosse tra Scilla e Cariddi per la riproduzione. Tra giugno e agosto basterà un’occhiata al largo per scorgere le sveltissime feluche, provviste di antenne per l’avvistamento e lunghe passerelle per cogliere i grossi pesci di sorpresa.
Come si riconosce lo spada di qui? Dalla “cardiata”, ovvero l’incisione a croce sul muso, ben esposta sui banconi per garantire freschezza e qualità meglio di qualsiasi marchio. Ascoltate i consigli dei pescatori e fatelo a fettine sottili, da arrotolare intorno a un ripieno di pan grattato, aglio, finocchietto, pinoli e uvetta e cuocere in padella.
Fonti: palermotoday.it, amp.cibotoday.it
Fotografie dell'articolo.
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(Michel Houellebecq)
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