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Il museo in farmacia. Roccavaldina e la sua Farmacia Cinquecentesca Empty Il museo in farmacia. Roccavaldina e la sua Farmacia Cinquecentesca

Mer 21 Dic 2022 - 20:59

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Roccavaldina è un comune in provincia di Messina che si affaccia sul versante tirrenico ed è posto a circa 320 metri sul livello del mare. Per gli autoctoni /Roccavaddina/ o /‘A Rocca/, Roccavaldina occupa graziosamente un docile anfratto della Valle del Niceto, rispecchiando i canoni estetici del tradizionale borgo giulivo della Sicilia rurale. Uno squisito comune dai 1.149 abitanti altrettanto squisiti e ospitali, capaci di emanare quel calore isolano che soltanto nei luoghi eletti si può gradevolmente percepire.

Roccavaldina



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Un po' di storia

La sua storia è costellata da profondi mutamenti che ne hanno caratterizzato la lenta evoluzione, determinata dalle continue incursioni nell’isola sicula di popolazioni fra loro radicalmente diverse per usi, costumi, tradizioni e religione. Roccavaldina nacque sotto l’egida romana nel 260 a.C. come modesto villaggio agglomerante soltanto casolari di fango e paglia che prese il nome di Pagus Lavina.
Nel 476 d.C. Goti e Ostrogoti soccombettero alla battaglia ingaggiata da Belisario che, inviato dai bizantini, prese in carico tra gli altri la gestione del villaggio, rinominato Casale del Conte e sotto la dominazione araba Rachal Elmerun, declassato a mero campo di rifornimento. Toccò poi ai Normanni operare una vera e propria rifondazione locale nel 1060 con la creazione di un feudo avente il proprio fulcro nella Rocca, punto di riferimento e alfa portante per un progressivo sviluppo suscettibile di svariati passaggi di proprietà nobiliari fino all’apice dell’oppressione borbonica.

L'Antica Farmacia del borgo

L'ingresso della Farmacia oggi



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Costruita nel Cinquecento rappresenta il fior fiore del meridione in quanto a fascino e memoria storica. In questa ma suggestiva “bottega” medievale situata nella piazza del paese, con l'ingresso è in perfetto stile toscano con un semplice ripiano in pietra che serviva da bancone attraverso il quale veniva servito il pubblico, si conserva uno dei più preziosi corredi farmaceutici del XVI secolo esistente al mondo.

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Oggi di proprietà del Comune di Roccavaldina, questa struttura è diventata il “Museo Farmacia Cinquecentesca” e pur nelle sue piccolissime dimensioni si presenta al visitatore in un effetto d’insieme che toglie il fiato portandolo indietro di 4 secoli.

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L’apparato vascolare in dotazione alla Spezieria è costituito da 238 vasi di varia forma e dimensioni realizzati nel 1580 a Urbino, nell’officina di Antonio Patanazzi, come attesta la scritta sul piede di un’anfora da mostra: “M ANTO/NIO/PATAN/AZI/URBINI/1580”.

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La stessa data è ripetuta entro cartigli nelle decorazioni a trofei di altri vasi del corredo.

Un mortaio ed un alambicco presenti nella Farmacia





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La bellezza del corredo farmaceutico di Roccavaldina trova un degno confronto solo con quello appartenente alla farmacia del tesoro della Santa Casa di Loreto, composto da 348 pezzi prodotti anch’essi ad Urbino intorno al 1570 nell’officina di Orazio Fontana, su commissione del Duca Guidobaldo II, per il Palazzo ducale e poi donata, nel 1608 al Santuario quale ex voto.

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Per le loro peculiarità stilistiche i due corredi si integrano e rappresentano un fondamentale riferimento per la ceramistica italiana di epoca rinascimentale, fornendo agli studiosi importanti elementi di studio sulle officine ceramistiche urbinati del Cinquecento, tenuto conto che i Patanazzi furono i continuatori della tradizione stilistica elaborata dai Fontana.

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Si ritiene che anche i vasi della farmacia di Roccavaldina in origine superavano le 300 unità, parte dei quali nel tempo ha subito rotture o si è dispersa per motivi vari fino agli attuali 238 pezzi, suddivisi in 164 albarelli di varia altezza; 39 fiasche globulari a collo lungo; 29 brocche; 4 anfore ovoidali apode; 2 anfore da mostra con applicazioni plastiche a grottesca.

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La decorazione dei vasi è molto interessante per policromia e accostamenti. Sugli albarelli grandi e medi e sulle anfore istoriate sono raffigurate scene con soggetti mitologici, biblici e storici, il tutto circondato da decorazioni raffaellesche (grottesche). 54 tra brocchette e albarelli presentano decorazioni a trofei d’armi, libri e strumenti musicali su fondo blu che incorniciano busti virili o muliebri chiusi da medaglioni a fondo giallo. 71 tra brocchette e albarelli medio-piccoli sono decorati a quartieri, a pezze regolari interrotte da tralci con foglie, fiori, uccelli. I vasi non riportano indicazioni farmaceutiche, ma su tutti c’è uno stemma araldico costituito da: “scudo troncato con banda arancione su turchino nella parte inferiore, colomba bianca e tre stelle su turchino nella parte superiore” esu alcuni vasi nella cornice dello scudo c’è il nome di Cesaro Candia.

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Studi recenti indicano Cesare Candia come mercante messinese, erede dei grandi intermediari che nel Rinascimento importavano maioliche in Sicilia. Egli commissionò a botteghe urbinati faentine e veneziane grandi quantità di vasellame per gli speziali siciliani. Una caratteristica che accomuna i vasi di Roccavaldina ad altre ordinazioni a lui intestate è l’inserimento delle insegne di bottega nell’apparato decorativo e gli orientamenti estetici.

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Quarantotto anni dopo la loro fabbricazione i vasi del “corredo Candia”, oggi custoditi a Roccavaldina furono venduti dal mercante messinese Francesco Benenato al roccese Don Gregorio Bottaro, il quale li acquistò per 400 onze da pagarsi in quattro rate donandoli nel 1628 alla Confraternita del SS. Sacramento costituita nella Chiesa Madre di Rocca, impegnandola a distribuire gratuitamente le medicine agli ammalati poveri di Rocca nella “bottega”, donata alla confraternita da Don Pietro Valdina nel 1626.

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Il pregio artistico dei vasi della spezieria di Rocca è stato riconosciuto nei secoli e ciò a volte ha causato problemi, come quando, nel 1690, il viceré di Sicilia duca di Uzeda, che aveva sentito parlare di questi pregiati vasi, decise di “vederli” e chiese al principe Giovanni Valdina, di farne inviare a Palermo alcuni. Fu così che 4 vasi, lasciarono Roccavaldina per sempre.

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La fama della farmacia di Rocca era nota anche all’abbate Vito Amico, che nel Lexicon siculum pubblicato nel 1757 scrive: “Commendasi una farmacia con grande eleganza adorna di vasi dipinti, siccome dicono, da Raffaello da Urbino o da altro eccellente artista”. Facendo seguito a tanta notorietà, la notte del 2 maggio 1871 dei ladri portarono via 6 vasi mai più recuperati.

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Nel 1882 la soppressione delle corporazioni religiose, impose alla Confraternita del SS. Sacramento di cedere la “spezieria” che restò in custodia alla Chiesa Madre di Rocca fino al 1900 quando il corredo farmaceutico fu trasferito all’Ente Comunale Assistenza, sotto la tutela della Prefettura di Messina. Da quel momento, la farmacia di Roccavaldina restò nell’oblio fino al 1966/67 quando l’intero corredo di vasi fu portato a Faenza, ove venne restaurato con la collaborazione tecnica del Prof. Giuseppe Liverani, Direttore del Museo Internazionale delle Ceramiche e per opera degli allievi licenziandi del corso di restauro dell’Istituto d’Arte “Gaetano Ballardini”.

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Il corredo ritornò nella sua sede nel 1968 e oggi il Comune di Roccavaldina lo custodisce rendendo così fruibile ai visitatori, questo capolavoro dell’arte rinascimentale.



(dal web)
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Il museo in farmacia. Roccavaldina e la sua Farmacia Cinquecentesca Empty La Rocca, i mulini e un panorama da favola

Ven 20 Set 2024 - 16:57
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Sui monti Peloritani, a circa 320 metri sopra il livello del mare, sorge Roccavaldina, uno di quei piccoli borghi che, a prima vista, sembrano aver avuto soltanto un ruolo marginale nella lunga storia della Sicilia. Eppure, come spesso accade con questi luoghi remoti, sotto la superficie tranquilla si cela un passato sorprendente.
Piccole città come Roccavaldina, che oggi ospita meno di mille abitanti, anticamente erano snodi cruciali per il commercio, la cultura e l’acquisto di territori strategici. Il piccolo comune messinese ha origini molto antiche e la sua storia è strettamente legata al feudo medievale di cui faceva parte.
Durante il periodo normanno, il territorio di Roccavaldina venne assegnato a nobili famiglie, che lo resero un importante centro per i loro affari. Tra i testimoni più significativi del passato di Roccavaldina vi è l’omonimo Castello, una fortezza risalente al XIV secolo. In gran parte restaurato, questo edificio domina ancora il paesaggio circostante, offrendo una vista panoramica mozzafiato sulla costa tirrenica e sulle isole Eolie.


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Nel corso dei secoli, il castello fu di proprietà di varie dinastie nobiliari, tra cui la famiglia Valdina, una delle più influenti dell’epoca, che restaurò e ampliò la struttura con diverse modifiche sostanziali. Fu proprio un membro di questa nobile dinastia a dare il nome attuale alla città messinese, che prima era conosciuta semplicemente come “Rocca”.
Nel 1623, Pietro Valdina ottenne da Filippo IV la promozione del suo titolo nobiliare da Barone a Marchese ed ebbe il privilegio di aggiungere il suo cognome a quello del feudo, che si chiamò Roccavaldina. Inoltre, si narra che nel castello abitato dalla nobile famiglia fossero custodite alcune opere di grande valore, come un Cristo crocefisso di Caravaggio e un dipinto di Rembrandt; ma questi tesori sono andati dispersi, rendendo impossibile confermare tali leggende.


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Nonostante numerosi restauri, nel 1908 il violento terremoto di Messina causò gravi danni alla struttura del castello. Successivamente, la famiglia De Spucches si è impegnata per riportare l’edificio al suo antico splendore e assicurarne la fruizione da parte delle nuove generazioni.
Il castello, tuttavia, non è l’unica attrazione culturale di Roccavaldina. Tra i vicoli del borgo messinese, infatti, è presente la Farmacia del ‘500, considerata una delle più antiche e meglio conservate in Italia. Al suo interno si possono ammirare antichi vasi in ceramica decorati a mano e strumenti che venivano utilizzati per la preparazione di medicinali secondo le conoscenze dell'epoca. (leggi l'articolo di apertura)  
Questo sito è una testimonianza dell'importanza che Roccavaldina aveva nel campo della scienza e della medicina durante il Rinascimento ma, come molti paesi siciliani, il borgo mantiene vive le sue tradizioni anche attraverso le numerose feste e celebrazioni religiose che scandiscono il calendario annuale.
Tra le più importanti vi è la festa in onore di San Nicola, patrono del paese, che si celebra a dicembre. In questa occasione, il paese si anima con processioni, spettacoli folkloristici e banchetti che celebrano i sapori locali. Il duomo di San Nicolò, conosciuto anche come Chiesa Madre di S. Nicola di Bari, si erge nella parte più alta del borgo e al suo interno ha decorazioni e statue risalenti al XVI e al XVII secolo.


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Oltre al patrimonio storico e culturale, Roccavaldina offre una posizione privilegiata per godere di panorami montuosi e costieri. Grazie alla sua collocazione sul lato settentrionale dei Peloritani, la piccola città in provincia di Messina vanta diversi punti panoramici da cui ammirare la costa tirrenica, le isole Eolie e le campagne siciliane.
In aggiunta, nei dintorni di Roccavaldina è possibile imbattersi in alcuni antichi mulini a vento e ad acqua, testimonianze di un tempo in cui queste strutture erano fondamentali per l'economia locale. Questi mulini, alcuni dei quali restaurati, rappresentano un pezzo di storia rurale e industriale del borgo.
Chiaramente, anche la cucina locale riflette la lunga tradizione gastronomica siciliana. Tra le specialità tipiche spiccano i piatti a base di pesce fresco, proveniente dalla vicina costa, e i prodotti agricoli coltivati nelle campagne circostanti.
Tutto ciò dimostra che in Sicilia ci si può imbattere in tesori dal valore inestimabile anche nei luoghi più piccoli e inaspettati.

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Fonte: balarm.it (Viviana Ragusa)

Fotografie: web

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Vivere senza leggere è pericoloso, ci si deve accontentare della vita, e questo comporta notevoli rischi.
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