Kiyohara Tamayo, dal Giappone alla Sicilia per amore
Lun 1 Mag 2023 - 18:11
Conosciuta anche con i nomi di Kiyohara Otama, Eleonora Ragusa e Otama Ragusa, Tamayo è stata una pittrice giapponese che ha vissuto gran parte della sua vita a Palermo. Tamayo Kiyohara, detta O’Tama, ovvero “sfera di cristallo lucente”, dopo aver posato all’età di 17 anni per lo scultore Ragusa, nel 1882, a soli 21 anni, lo seguì fino in Sicilia.
Insieme a lei si trasferirono in Sicilia anche la sorella O'Chiyo, esperta ricamatrice, e il cognato, maestro laccatore: il loro ambizioso progetto era di aprire una scuola d’arte orientale in Sicilia, unica nel suo genere, nella quale insegnare ai palermitani le tecniche giapponesi di pittura, ricamo e lacca.
Pittrice raffinatissima, seppe miscelare il tratto sognante del suo rigido Paese alla cultura europea che prestava orecchio all’Impressionismo e al Vedutismo. O’Tama visse in Sicilia per 51 anni, lavorando e affermandosi come artista al fianco del marito, lo scultore palermitano Vincenzo Ragusa.
Figlia di Kiyohara Einosuke, O’Tama nacque a Shiba, quartiere di Minato a Tokyo, dove il padre era custode del famoso tempio buddista Zōjō-ji, e già dalla scuola elementare iniziò a studiare l’arte della pittura in Giappone.
Quelli sono gli anni del periodo Meiji (1868-1912) in cui il Giappone si apre all'Occidente dopo secoli di chiusura al mondo esterno. Si avviano rapporti economici e diplomatici con gli Stati Uniti e l’Europa e per questo motivo l'imperatore Mutsuhito decide di invitare dall’Italia tre artisti che fossero in grado di aprire una scuola d’arte e insegnare così i nuovi stili figurativi.
Dall'Accademia milanese di Brera partono così Antonio Fontanesi per la pittura, Giovanni Vincenzo Cappelletti per l’architettura e il palermitano Vincenzo Ragusa per la scultura. I tre daranno vita a Tokyo alla Kobu Bijutsu Gakko.
Nel 1878 avviene l'incontro dettato dal destino: all'età di 17 anni O'Tama posa proprio per Ragusa, diventando così la prima giapponese a posare per un artista europeo e, già in questo, è possibile notare come in lei convivessero la tradizione e il desiderio di oltrepassarla senza, però, profanarla.
A soli 21 anni fece una scelta radicale, quella di sradicare le sue radici e trapiantarle in un altro mondo per amore di colui che sarebbe stato il suo compagno nella vita e nell’arte; accompagnata, come abbiamo visto, dalla sorella e dal cognato, seguì a Palermo proprio lo scultore Vincenzo Ragusa.
Catapultata dal silenzioso e noto oriente al rumoroso e ignoto occidente, O’Tama si ritrova in una città come Palermo così diversa da Tokio, lontana dalla sua famiglia d’origine e parte di una nuova con usi e costumi che avrebbe dovuto fare suoi. A tal proposito esiste un ritratto, molto eloquente, in cui la pittrice ritrae il suocero, che aveva osteggiato con forza il loro rapporto d’arte e d’amore.
Ma come nelle più belle favole d’amore, nel 1889 O’Tama Kiyohara (così l'artista giapponese firmava le opere), dopo essersi convertita alla religione cattolica, convolò a nozze con il suo mentore Vincenzo Ragusa, prendendo il nome italiano di Eleonora Ragusa o O'Tama Ragusa.
Durante il suo soggiorno palermitano la pittrice giapponese produsse molte opere pittoriche e lavorò anche come illustratrice reporter; nel 1884 fu nominata direttrice della Sezione femminile della scuola d'arte Museo Artistico Industriale - Scuole Officine che il Ragusa aveva aperto (scuola esiste ancora sotto il nome di Liceo Artistico - Vincenzo Ragusa Otama Kiyohara).
A contatto con la cultura occidentale, la produzione artistica di O’Tama subisce una trasformazione: dal grafismo sintetico giapponese passa al naturalismo, sperimentando varie tecniche e vari soggetti e spaziando dalle nature morte al ritratto fino alla decorazione di interni.
Inoltre, assieme al marito veicola in Sicilia e In Italia il giapponismo, quella passione per la cultura e l'arte nipponica che tanta importanza sta avendo in Francia in quegli stessi anni.
O’Tama non era solo artista: ebbe un ruolo importante nel 1901 nell’organizzazione dell’Esposizione nazionale, per la prima volta in Sicilia; nel 1888 fu in prima linea con il marito per dare soccorso durante l’epidemia di colera e nel 1908 accorse a Messina (mirabili tre suoi acquerelli, testimonianza delle rovine) e ospitò alcuni terremotati rimasti senza casa.
Nel 1927 muore il marito e i quotidiani giapponesi Osaka Mainichi Shinbun e Tokyo Nichinichi Shinbun la scoprono: saputa la sua storia così particolare pubblicano un romanzo a puntate su di lei, rendendola così famosa in Giappone.
A quel punto i discendenti della sua famiglia la spronano a tornare in patria: una giovanissima pronipote la va a prendere a Palermo e dopo 51 anni O'Tama Kiyohara nel 1933 sbarca a Tokyo. Sebbene ormai parli a malapena giapponese, apre un atelier a Shiba e qui morirà nel 1939. Per suo espresso volere, metà delle sue ceneri sono tumulate nel tempio di famiglia Chōgen-ji, mentre l'altra metà è sepolta nella tomba del marito nel cimitero palermitano dei Rotoli. Come decorazione c'è una colonna sormontata da una colomba, scultura realizzata dallo stesso Ragusa.
Una piccola parte delle sue opere sono rimaste in Italia, principalmente a Palermo e si trovano in varie collezioni pubbliche e private. La maggior parte erano conservate in Giappone ma sono state distrutte dai bombardamenti su Tokyo durante la Seconda guerra mondiale.
O’Tama Kiyohara, scultura in terracotta di Vincenzo Ragusa, 1883, Galleria di Arte Moderna (GAM), Palermo
Insieme a lei si trasferirono in Sicilia anche la sorella O'Chiyo, esperta ricamatrice, e il cognato, maestro laccatore: il loro ambizioso progetto era di aprire una scuola d’arte orientale in Sicilia, unica nel suo genere, nella quale insegnare ai palermitani le tecniche giapponesi di pittura, ricamo e lacca.
O’Tama Kiyohara nel 1883 a Palermo
Pittrice raffinatissima, seppe miscelare il tratto sognante del suo rigido Paese alla cultura europea che prestava orecchio all’Impressionismo e al Vedutismo. O’Tama visse in Sicilia per 51 anni, lavorando e affermandosi come artista al fianco del marito, lo scultore palermitano Vincenzo Ragusa.
Vincenzo Ragusa nel 1888, ritratto proprio da O'Tama Kiyohara
Figlia di Kiyohara Einosuke, O’Tama nacque a Shiba, quartiere di Minato a Tokyo, dove il padre era custode del famoso tempio buddista Zōjō-ji, e già dalla scuola elementare iniziò a studiare l’arte della pittura in Giappone.
O'Tama Kiyohara, Fenicotteri rosa, olio su tela
Quelli sono gli anni del periodo Meiji (1868-1912) in cui il Giappone si apre all'Occidente dopo secoli di chiusura al mondo esterno. Si avviano rapporti economici e diplomatici con gli Stati Uniti e l’Europa e per questo motivo l'imperatore Mutsuhito decide di invitare dall’Italia tre artisti che fossero in grado di aprire una scuola d’arte e insegnare così i nuovi stili figurativi.
O'Tama Kiyohara, Quaderno 1 Liber amicorum
Dall'Accademia milanese di Brera partono così Antonio Fontanesi per la pittura, Giovanni Vincenzo Cappelletti per l’architettura e il palermitano Vincenzo Ragusa per la scultura. I tre daranno vita a Tokyo alla Kobu Bijutsu Gakko.
O’Tama, Due Geishe, arazzo dipinto
Nel 1878 avviene l'incontro dettato dal destino: all'età di 17 anni O'Tama posa proprio per Ragusa, diventando così la prima giapponese a posare per un artista europeo e, già in questo, è possibile notare come in lei convivessero la tradizione e il desiderio di oltrepassarla senza, però, profanarla.
O'Tama Kiyohara, Paravento con fenicotteri su fondo oro
A soli 21 anni fece una scelta radicale, quella di sradicare le sue radici e trapiantarle in un altro mondo per amore di colui che sarebbe stato il suo compagno nella vita e nell’arte; accompagnata, come abbiamo visto, dalla sorella e dal cognato, seguì a Palermo proprio lo scultore Vincenzo Ragusa.
O'Tama Kiyohara, Quaderno 1 Liber amicorum
Catapultata dal silenzioso e noto oriente al rumoroso e ignoto occidente, O’Tama si ritrova in una città come Palermo così diversa da Tokio, lontana dalla sua famiglia d’origine e parte di una nuova con usi e costumi che avrebbe dovuto fare suoi. A tal proposito esiste un ritratto, molto eloquente, in cui la pittrice ritrae il suocero, che aveva osteggiato con forza il loro rapporto d’arte e d’amore.
il ritratto fatto al suocero, Michele Ragusa, da O'Tama nel 1900
Ma come nelle più belle favole d’amore, nel 1889 O’Tama Kiyohara (così l'artista giapponese firmava le opere), dopo essersi convertita alla religione cattolica, convolò a nozze con il suo mentore Vincenzo Ragusa, prendendo il nome italiano di Eleonora Ragusa o O'Tama Ragusa.
La notte dell’Ascensione o La benedizione degli animali, dipinta da O'Tama a Palermo nel 1891
Durante il suo soggiorno palermitano la pittrice giapponese produsse molte opere pittoriche e lavorò anche come illustratrice reporter; nel 1884 fu nominata direttrice della Sezione femminile della scuola d'arte Museo Artistico Industriale - Scuole Officine che il Ragusa aveva aperto (scuola esiste ancora sotto il nome di Liceo Artistico - Vincenzo Ragusa Otama Kiyohara).
la devastazione di Messina vista da O'Tama: Piazza Ottagona (oggi piazza Filippo Juvara)
A contatto con la cultura occidentale, la produzione artistica di O’Tama subisce una trasformazione: dal grafismo sintetico giapponese passa al naturalismo, sperimentando varie tecniche e vari soggetti e spaziando dalle nature morte al ritratto fino alla decorazione di interni.
il Portico della Posta
Inoltre, assieme al marito veicola in Sicilia e In Italia il giapponismo, quella passione per la cultura e l'arte nipponica che tanta importanza sta avendo in Francia in quegli stessi anni.
Porta Messina, già Porta della Natività o Porta Marina
O’Tama non era solo artista: ebbe un ruolo importante nel 1901 nell’organizzazione dell’Esposizione nazionale, per la prima volta in Sicilia; nel 1888 fu in prima linea con il marito per dare soccorso durante l’epidemia di colera e nel 1908 accorse a Messina (mirabili tre suoi acquerelli, testimonianza delle rovine) e ospitò alcuni terremotati rimasti senza casa.
O'Tama Kiyohara, Allegoria dell'Italia, 1900
Nel 1927 muore il marito e i quotidiani giapponesi Osaka Mainichi Shinbun e Tokyo Nichinichi Shinbun la scoprono: saputa la sua storia così particolare pubblicano un romanzo a puntate su di lei, rendendola così famosa in Giappone.
O’Tama Kiyohara nel suo atelier di Shiba
A quel punto i discendenti della sua famiglia la spronano a tornare in patria: una giovanissima pronipote la va a prendere a Palermo e dopo 51 anni O'Tama Kiyohara nel 1933 sbarca a Tokyo. Sebbene ormai parli a malapena giapponese, apre un atelier a Shiba e qui morirà nel 1939. Per suo espresso volere, metà delle sue ceneri sono tumulate nel tempio di famiglia Chōgen-ji, mentre l'altra metà è sepolta nella tomba del marito nel cimitero palermitano dei Rotoli. Come decorazione c'è una colonna sormontata da una colomba, scultura realizzata dallo stesso Ragusa.
la tomba di Vincenzo Ragusa e O'Tama Kiyohara nel Cimitero dei Rotoli di Palermo
Una piccola parte delle sue opere sono rimaste in Italia, principalmente a Palermo e si trovano in varie collezioni pubbliche e private. La maggior parte erano conservate in Giappone ma sono state distrutte dai bombardamenti su Tokyo durante la Seconda guerra mondiale.
(dal web)
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