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La chiesa dei Siciliani o di Santa Maria Odigitria Empty La chiesa dei Siciliani o di Santa Maria Odigitria

Gio 3 Nov 2022 - 17:02

La chiesa dei Siciliani o di Santa Maria Odigitria

Un luogo "mistico" da scoprire a Roma


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La tradizione vuole che la prima immagine della Madonna sia stata dipinta da San Luca.
Da questa prima immagine dipinta, la tradizione attesta due riproduzioni che confluiranno nell’raffigurazione dell’Odigitria (Colei che indica la via). Forse non tutti sanno che Santa Maria di Odigitria, è la protettrice della Sicilia.
Venerata un po' ovunque, da Palazzolo di cui fu la Patrona sino al 1688, a Piana degli Albanesi, Calascibetta, Vizzini e tante altre, seppur in maniera minore rispetto ai rispettivi Patroni.
La sua immagine è diversa rispetto a quella bizantina: Maria è seduta con il Bambino su una cassa portata a spalla da due santi Monaci chiamati i “Calogeri”.
La Signora della "Nazione Sicilia" come viene chiamata, che nell’iconografia più diffusa indica con una mano il Bambino che stringe le Sacre Scritture, non poteva che estendere la sua protezione e aiuto, anche per i Siciliani lontani dalla loro terra.

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La chiesa dei Siciliani o di Santa Maria Odigitria a Roma, venne fondata intorno al 1593, quando alcuni siciliani, stabilitisi a Roma, desiderarono fondare una chiesa per beneficio dei conterranei e un ospedale per far alloggiare i pellegrini poveri che per devozione andavano nella città eterna. Un gruppo di siciliani residenti a Roma, il 5 febbraio 1593, decise di costituirsi in Arciconfraternita, in onore della Vergine d’Itria. L’anno successivo, il 5 febbraio 1594, Papa Clemente VIII con la Bolla Pastoris Aeterni istituiva la confraternita, concedendole un cardinale protettore. Il primo cardinale venne nominato nella persona di Simone Tagliavia dei duchi di Terranova, originario di Mazara. Per la realizzazione della chiesa e dell’ospizio venne in aiuto il sacerdote Matteo Catalano di Palazzolo Acreide (1522-1614), segretario del Cardinale Tagliavia.

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Il Catalano donò 4.000 scudi e alcune case di sua proprietà affinché sorgesse, in una parte di quell’area, la chiesa e affinché fosse adattata a ospizio un’altra parte dell’area di sua proprietà. Anche il Re cattolico Filippo II venne in aiuto con cospicue donazioni e grazie anche a ciò la chiesa fu aperta al culto il 15 agosto 1596. La chiesa e l’Arciconfraternita ebbero vita prospera, grazie alla protezione di Sua Maestà Cattolica, dei Viceré di Sicilia, dei Borboni di Napoli e delle due Sicilie.
L'attività dell’Arciconfraternita crebbe nel tempo, portando privilegi e riconoscimenti, come quello di poter liberare una volta l’anno, un condannato (anche alla pena capitale) «seppur non riconosciuto colpevole di omicidio, falsificazione moneta o lettere apostoliche, lesa maestà e sacrilegio».Ai privilegi seguirono importanti atti donativi e la benevolenza da parte di Papi e dei Sovrani Spagnoli che autorizzarono la Chiesa a proclamarsi Regia. Tutto però cambiò drammaticamente con l’arrivo delle truppe napoleoniche.

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La Confraternita fu sciolta, l’ospedale e l’alloggio furono distrutti, la chiesa devastata e saccheggiata.
Nell’ aprile del 1799 la chiesa venne concessa in enfiteusi a un tale Giuseppe Massimi e a un sacerdote romano. Vi fu un momento di incertezza, nel quale si pensava di trasferire l’Arciconfraternita altrove. Ma, alla fine, prevalse il motivo affettivo che univa l’Arciconfraternita a quella che era stata per oltre due secoli la sede. Grazie alla presenza di due artisti, membri dell’Arciconfraternita (Melchiorre Passalacqua e Francesco Manno), venne stilato un progetto per la ricostruzione dell’antica chiesa. Nel corso dell’Ottocento la chiesa inizia la sua ascesa. Anche l’Arciconfraternita si arricchisce di nomi dell’aristocrazia laica ed ecclesiastica.
Nel Novecento il quartiere diveniva un’arteria lussuosa e centrale e la Chiesa di Santa Maria Odigitria assunse il ruolo di unico luogo di culto della zona. A tal punto che nel 1973 Papa Paolo VI elevò il tempio a Diaconia Cardinalizia. Dice Giuseppe M. Croce: «Dopo quattro secoli, il seme gettato da un piccolo gruppo di siciliani, divenuto una solida pianta grazie agli sforzi delle generazioni seguenti, continua a fecondare la comunità siciliana di Roma, e a offrirle un punto d’incontro sicuro e accogliente, una piccola oasi guidata dalla pia immagine della Vergine Odigitria».

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Qui di seguito riporto la cronaca di una visita di una professoressa e scrittrice siciliana. Mi è sembrato un brano molto bello, era un peccato spezzettarlo e parafrasarlo.



La chiesa è quasi deserta, bellissima, si respira pace e misticismo. Vi sono delle suore in preghiera sono le “Sorelle Francescane del Vangelo” ordine che si occupa dei bisogni della comunità, e custodisce la Chiesa. Leggono e pregano ad alta voce, mentre una di loro suona l’organo.In rispettoso silenzio cammino per la chiesa, ovunque vi sono immagini di Santi Siciliani, riconosco S. Agata, S. Lucia, S. Rosalia, San Bernardo e tanti altri, ci sono anche i Beati Pina Suriano e Pino Puglisi, tutti dipinti da artisti siciliani.Su tutti troneggia dall’altare, in uno sfavillio d’oro, l’immagine dell’Odigitria. Icona donata dal Patriarca di Costantinopoli, fedele copia di quella venerata nella chiesa di San Giorgio, sede del Patriarcato.Mentre ascolto le preghiere noto in un angolo un sarcofago dove sono custodite alcune reliquie di San Gaudentia, giovane Martire Cristiana dei primi secoli del Cristianesimo. Una giovane Suora mi guarda, probabilmente incuriosita dal fatto che è quasi un’ora che giro nel Tempio dei Siciliani.
Incoraggiata dal suo interesse, le chiedo se può darmi delle informazioni, chiedo quali sono gli scopi dell’Arciconfraternita, mi dice: «Rinnovare la fede e la spiritualità dei Siciliani a Roma attraverso il ricordo dei suoi Santi, promuovere attività culturali con il "Centro per lo studio della Storia e della Cultura Siciliana", occuparsi delle famiglie bisognose e conferire borse di studio per studenti siciliani, e aggiunge: «ma lo scopo principale è fare sentire i Siciliani meno lontani da Casa».È giovedì, seguendo le indicazioni del mio amico Umberto, chiedo alla Suora se preparano ancora i cannoli siciliani, da offrire a visitatori e fedeli. Mi risponde che con il Covid non è più possibile.Dall’inflessione non mi sembra siciliana, le chiedo, dove è nata, mi risponde: "Piemonte", rimango interdetta, mi sorride aggiungendo: «Non è bello che una piemontese faccia servizio ai Siciliani? Abbiamo diverse cose da farci perdonare».Non posso che annuire. Insieme parliamo di Maria che indica il cammino, le brillano gli occhi color indaco, ha una dolcezza che conquista.Nonostante i nostri sussurri, abbiamo attirato l’attenzione delle consorelle, probabilmente sto disturbando, mi appresto ad andare via, chiedo un’ultima cosa: «Sorella io sono Susanna, lei come si chiama?», risponde: "Benedetta", ribatto: "Non potrebbe avere altro nome".Una risata cristallina è il suo saluto.


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Fonti: balarm.it (di Susanna LaValle), lacittaimmaginaria.com (di Luisa Santoro)

Immagini: web
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