L'isola del giorno dopo
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.

Andare in basso
mamar
mamar
Admin
Messaggi : 1089
Data di iscrizione : 01.11.22
Località : l'isola che non c'è

Racconti siciliani : Maria Messina - Camilla  Empty Racconti siciliani : Maria Messina - Camilla

Mer 7 Giu 2023 - 18:41
Racconti siciliani : Maria Messina - Camilla  9x7PyVp

Camilla


— Ma insomma! — esclamò Assunta, stizzita. — Dobbiamo ripetere la stessa commedia ogni mattina?
Allora Camilla sospirando, cominciò a vestirsi. Era lunga lunga e con la vestaglia bianca pareva più lunga.
— Vengo... Vengo... — ripeté.
Certo, non doveva fare la «parte della vittima», come diceva Assunta, non doveva procurare una soddisfazione a Luigino Lanna, che si metteva alla finestra per vederle passare.
Credeva che pensasse a lui? Niente affatto.
Si incipriò, per fare sparire due strisce rosse presso il naso, ché ogni mattina, prima di andare ai bagni, piangeva un pezzetto.
— Sei pronta, Camilla? — chiamò Ninetta.
— Pronta.
Prese l'involto e il cestino e si avviò dietro alle sorelle. Erano sei e riempivano la scala.
— Non fare questa faccia! — mormorò la madre. — Ora lui s'affaccia.
Camilla sospirò.
Si mise a ridere, fingendo di chiacchierare animatamente con le sorelle, nel passare sotto le finestre dei Lanna; e parve più brutta, per quel riso sforzato che le lasciava gli occhi velati di melanconia.
Cominciava il tormento di mostrarsi ridente e spensierata, mentre un nodo di pianto le chiudeva la gola.
Ecco lo stradale già pieno di sole, ecco lo stabilimento affollato dove le ragazze, ogni mattina, non trovavano subito il coraggio di entrare, così accaldate e impolverate...
Si mostrava impaziente di fare il bagno; e una volta nel camerino indugiava a spogliarsi, ad abbottonare il costume, per restare l’ultima, per restare un momento sola. Allora il viso lungo e lentigginoso, gli occhi un po' sporgenti, ripigliavano la solita espressione rassegnata e malinconica.
Ascoltando lo sciabordio del mare, le voci delle bagnanti, gli strilli dei bimbi che non si volevano tuffare, pensava a Luigino Lanna che l'aveva abbandonata dopo tre anni di amore e di schiavitù.
Di schiavitù, sicuro.
Per tre anni non s'era affacciata al balcone, non era uscita altro che di sera, qualche volta, nello stradone solitario, perdendo l'abitudine di camminare nelle vie della città.
— Non ti metter l'abito rosa... Non ti pettinare così... Non parlare con la tale...
E lei obbediva senza replicare, per fargli piacere. Tutti in casa parlavano rispettosamente di Luigino Lanna, il quale era un ottimo partito, convinti che Camilla si assicurava l'avvenire con pochissimi sacrifici.
Camilla non pensava né all'avvenire né al «partito». Voleva sinceramente bene a Luigino Lanna. Niente altro.
E una mattina egli aveva scritto che non sarebbe più venuto perché la famiglia non voleva.
Camilla si scordava di essere nel camerino e le lacrime le scorrevano sulle guance incipriate.
La scoteva una delle sorelle che veniva a chiamarla ai piedi della scaletta.
— Non scendi?
Si asciugava il viso col lenzuolo e scendeva senza fretta.
Sulla tolda riempivano dieci sedie; loro, i cestini, gli involti. Un collegio! La gente le guardava compassionevolmente. La madre si rannicchiava nella sedia e faceva finta di guardare il mare: ma spiava, inquieta, se non ci fosse qualcuno che si interessasse di una delle sue figlie.
— Camilla, dammi il ventaglio... Camilla, ti piacerebbe una passeggiata in barca?... Se io non soffrissi...
Voleva richiamare l'attenzione su Camilla, la grande, che infrolliva in casa. Le altre erano più giovani e non avevano fatto all'amore sul serio.
Teresina, la più piccola, trovò subito chi si occupasse di lei, ma la madre non se ne compiacque. Si trattava di due ragazzi maleducati che nuotavano sotto la tolda e spruzzavano l'acqua sul tavolato.
Un giorno erano tutte affacciate.
— Ci conduci, mamma?
— Se non soffrissi a stare in barca...
Una signora conoscente scendeva con un giovanotto e un bambino.
— Vogliono venire con me?
— Volentieri! Ma siamo troppe!
— Botticelli, quante ce ne andiamo?
— Cinque.
— Benissimo. Tre e due cinque. Ne verranno due.
— Vai tu, Camilla. E tu, Assunta.
Scesero. Anche loro esclamarono: — Oh! Dio! — sorridendo, come avevano sentito esclamare le altre.
La barca si dondolava dolcemente, sul mare, staccandosi dallo stabilimento.
Camilla immerse una mano nell'acqua e socchiuse gli occhi. Era afflitta e pure contenta.
— Va bene così, signorina?
— Come vuole! — esclamò scotendosi.
Assunta le saettò un'occhiataccia in vece di ripeterle: — Non fare la sentimentale adesso, e bada a chi ti parla!...
Botticelli le sedeva vicino.
— Noi ci conosciamo. Si rammenta della serata in casa Valentini?
— Rammento.
— C'era anche Luigino Lanna.
Camilla arrossì. La vampata di rossore e l'emozione provocata da quel nome la fecero attraente.
Botticelli sorrise. Sotto voce continuò a parlare del delicato argomento.
— È finita, col Lanna — asserì Camilla. — Proprio finita. Papà non vedeva bene questo matrimonio — mentì rapidamente.
La barca tornava indietro, lenta lenta.
Botticelli s'affrettò a dare la mano a Camilla, perché saltasse nella scaletta. Poi accompagnò le due sorelle fino alla tolda.
La madre interrogò con lo sguardo Assunta che rispose di sì con lo sguardo.
— Fatto? Preso?
— Sì, fatto e preso.
Ecco che Botticelli comincia a venire, ora con una scusa ora con un'altra: un quaderno di musica... Un libro... E la madre lo accoglie come un parente: gli offre il caffè, la pizza dolce, il rosolio di cedro fatto in casa. Bisogna incoraggiarlo. Tutta la difficoltà sta lì: farlo dichiarare.
E ricominciano le attese, di giorno in giorno.
Oggi si spiegherà. Oggi dirà: — Signora, se permette, le confesserò che...
Giorno beato! Ci pensavano tutti; non parlavano d'altro. Anche Botticelli era un buon partito: studiava legge... Sarebbe diventato avvocato...
Camilla si lasciava illudere; afflitta e pure contenta, come il giorno che la barca la portava verso l'alto mare.
Quando si avvicinava l'ora dicevano: — Vestiti, Camilla, che viene l'altro.
Volevano dire: — L'altro fidanzato.
Fidanzato? Ancora no.
Camilla non sapeva come comportarsi con Botticelli che pigliava sempre più confidenza.
E certe volte si proponeva di non presentarsi, quando veniva: ma non ardiva manifestare il suo proposito, incontrando le occhiate di Assunta.
Però obbediva senza replicare. La responsabilità era tutta sua.
— Non si respinge la fortuna per un capriccio! — sentenziava Ninetta.
La madre e le sorelle si allontanavano, sperando.
Camilla restava sola a chiacchierare con Botticelli, sul balcone.
Una sera l'abbracciò. Camilla trasalì. Si volle scostare.
— Senti! — disse lui ridendo. — Non assumere questo contegno! Dopo aver fatto all'amore per tre anni! Non sei una bambina!
Non disse altro. Ma la guardò dentro gli occhi cercando di abbracciarla di nuovo, con un'espressione così cattiva che faceva più male di uno schiaffo.
— Questo no — mormorò Camilla, avvilita. In compenso, con uno spasimo, pensò che Botticelli la disprezzava come si disprezza l'acqua rimasta in un bicchiere.
Con uno sforzo si allontanò, dicendo all'altro, senza guardarlo: — Non ci venite più, per me.
E così dicendo ebbe un sollievo, come se si fosse liberata da un peso.
Si rifugiò in camera senza cenare.
Assunta, che venne a raggiungerla quasi subito, la trovò affacciata.
— S'è dichiarato? — domandò tranquillamente.
Camilla non rispose.
— Ebbene? — fece la sorella. — Dormi?
— Lasciami in pace — esclamò Camilla.
La madre, sempre impaziente, entrò nella camera, con la scusa di ripetere la buona notte a Camilla. Ma Camilla non si voltò.
— Stasera fa la sentimentale! — esclamò Assunta.
— Botticelli mi pareva... — cominciò la madre.
— Sentite! — fece Camilla bruscamente, voltandosi. — Non voglio sentirne parlare più di questo Botticelli.
— Ma... Vedi...
— No — ripeté Camilla con una voce che non pareva più la sua, tanto era ferma e chiara. — Non voglio più sentirne. Quando viene non mi chiamate più.
— Ma non capisci che tu... Che tu... Non ti mariti!...
— Non mi marito.
— Pensi a lui, stupida che sei?
— Non penso a lui. Lasciatemi in pace. Lasciatemi respirare.
Era di nuovo oppressa.
Ascoltò il passo della madre che si allontanava con Assunta, ed ebbe la sensazione, rimasta sola, di respirare per la prima volta l'aria calma della notte estiva.
Mormorò a se stessa, tra le labbra, con gli occhi verso le stelle: — Sì, penso a te, a te solo. Ma l'anima mia non te l'ho data.
E le parve, sola, di esser libera e fresca e nuova, come le rose che odoravano nella notte estiva.

Racconti siciliani : Maria Messina - Camilla  Sim0cRr


Fonte: Maria Messina - Ragazze siciliane.

_________________
Racconti siciliani : Maria Messina - Camilla  VQUy6ZH
Vivere senza leggere è pericoloso, ci si deve accontentare della vita, e questo comporta notevoli rischi.
(Michel Houellebecq)
Torna in alto
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.