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La Sicilia dei Castelli - 5^ parte. Il castello di Caccamo
Dom 22 Gen 2023 - 14:35
Il castello di Caccamo, le sue storie ed i suoi fantasmi
Il Castello di Caccamo, in provincia di Palermo, rappresenta un meraviglioso esempio delle bellezze storiche e culturali che quest’Isola è in grado di regalare. E questo non solo perché si tratta di uno dei manieri normanni meglio conservatisi fino ai nostri giorni, ma specialmente poiché si erge maestoso su una rupe circondata da alti rilievi e da un paesaggio mozzafiato. Il fascino di questo luogo, tuttavia, è dovuto, senza dubbio, anche agli intriganti misteri di congiure e fantasmi che circolano sul conto di questa fortezza.
L’imponente castello, uno dei più imponenti in Italia, che domina la splendida vallata formata dal fiume San Leonardo, oggi Lago Rosamarina, una distesa d’acqua verde smeraldo che si incastona tra i monti e che, nei suoi fondali, conserva un grande tesoro, il Ponte Chiaramontano, che una lapide diceva essere stato costruito nel 1307 da Manfredi I Chiaramonte, regnante Federico III con dedica alla Beata Vergine.
Le prime notizie che lo riguardano risalgono al 1160 e vedono storia e leggenda intrecciarsi indissolubilmente. Il nobile Matteo Bonello, uno dei suoi primi proprietari, era nemico irriducibile del Re Guglielmo I detto “Il Malo”, e utilizzò il Castello di Caccamo, assieme ai suoi compagni, come rifugio, dopo il fallimento della “congiura dei baroni”. Nella notte dell’11 novembre del 1160, infatti, Bonello e i congiuranti tesero un agguato a Maione da Bari, primo ministro del Re, uccidendolo e tenendo in ostaggio Guglielmo I. A far fallire il piano ci pensò il popolo che, spaventato da quel tumulto, si schierò col sovrano, liberandolo, rimettendolo sul trono e, di conseguenza, costringendo Matteo Bonello a rifugiarsi nell’inespugnabile maniero di Caccamo. Protetto dalle possenti mura, il nobile pensò di riuscire a sfuggire alla vendetta, ma questi, giocando d’astuzia, lo invitò a corte con la promessa del perdono. Il “traditore del Re”, così era visto, caduto nella trappola, venne incarcerato e sottoposto a terribili torture: gli furono cavati gli occhi e recisi i tendini, morendo alla fine per inedia.
Si narra che, da allora, il suo fantasma vaghi irrequieto tra le sale del castello, principalmente in quella nota come “salone della congiura”. Alcuni avvistamenti lo hanno descritto vestito con abiti d’epoca, pantaloni e giacca di cuoio, trascinarsi con fatica e col volto deturpato.
In una stanza, a quanto pare riservata agli ospiti meno “graditi”, vi è ancora una piccola cappella, ma la curiosità è che, davanti al piccolo altare, è visibile una botola che, si narra, venisse aperta e utilizzata per eliminarli.
Il Castello divenuto, poi, proprietà della nobile famiglia dei Chiaromonte che lo ampliarono, fortificandolo ulteriormente, dal 1302 al 1392, resistette agli attacchi aragonesi. Altri lavori vennero ordinati da Giacomo De Prades, che fece costruire alcune torri, scuderie, un salone per le udienze e un grande salone per le armi.
Nel 1400, al suo massimo splendore, Giovanni Alfonso Henriquez, Viceré di Sicilia, consegnò a Caccamo il suo “Stemma”, una testa di cavallo, che un tempo, si narra, fosse di Cartagine, con l’aggiunta, però, delle tre gambe, il Triscele.
Come in ogni storia, dopo la grandeur, il declino, con il terremoto del 1923 che provocò una serie di crolli in varie aree.
Dal 1965 il castello è di proprietà della Regione Siciliana che si sta occupando del restauro e della riapertura di alcune aree rimesse in sicurezza.
Ma, tornando alla leggenda, il Castello di Caccamo avrebbe, anche, un’altra abitatrice, una giovane suora, figlia di uno dei tanti signori che lo abitarono. La fanciulla, innamorata di un soldato, vide il padre osteggiare questo amore al punto da rinchiuderla in un convento dove morì di dolore poco dopo. Nelle notti di plenilunio, allo scoccare della mezzanotte, potreste intravedere una bellissima fanciulla che, vestita di bianco, dirigendosi verso la Torre, regge in mano una melagrana che, leggenda vuole, bisogna mangiare, per ottenere un tesoro, senza far cadere nessun chicco, altrimenti si sarà condannati a vagare in sua compagnia per l’eternità.
L’imponente castello, uno dei più imponenti in Italia, che domina la splendida vallata formata dal fiume San Leonardo, oggi Lago Rosamarina, una distesa d’acqua verde smeraldo che si incastona tra i monti e che, nei suoi fondali, conserva un grande tesoro, il Ponte Chiaramontano, che una lapide diceva essere stato costruito nel 1307 da Manfredi I Chiaramonte, regnante Federico III con dedica alla Beata Vergine.
Le prime notizie che lo riguardano risalgono al 1160 e vedono storia e leggenda intrecciarsi indissolubilmente. Il nobile Matteo Bonello, uno dei suoi primi proprietari, era nemico irriducibile del Re Guglielmo I detto “Il Malo”, e utilizzò il Castello di Caccamo, assieme ai suoi compagni, come rifugio, dopo il fallimento della “congiura dei baroni”. Nella notte dell’11 novembre del 1160, infatti, Bonello e i congiuranti tesero un agguato a Maione da Bari, primo ministro del Re, uccidendolo e tenendo in ostaggio Guglielmo I. A far fallire il piano ci pensò il popolo che, spaventato da quel tumulto, si schierò col sovrano, liberandolo, rimettendolo sul trono e, di conseguenza, costringendo Matteo Bonello a rifugiarsi nell’inespugnabile maniero di Caccamo. Protetto dalle possenti mura, il nobile pensò di riuscire a sfuggire alla vendetta, ma questi, giocando d’astuzia, lo invitò a corte con la promessa del perdono. Il “traditore del Re”, così era visto, caduto nella trappola, venne incarcerato e sottoposto a terribili torture: gli furono cavati gli occhi e recisi i tendini, morendo alla fine per inedia.
Si narra che, da allora, il suo fantasma vaghi irrequieto tra le sale del castello, principalmente in quella nota come “salone della congiura”. Alcuni avvistamenti lo hanno descritto vestito con abiti d’epoca, pantaloni e giacca di cuoio, trascinarsi con fatica e col volto deturpato.
In una stanza, a quanto pare riservata agli ospiti meno “graditi”, vi è ancora una piccola cappella, ma la curiosità è che, davanti al piccolo altare, è visibile una botola che, si narra, venisse aperta e utilizzata per eliminarli.
Il Castello divenuto, poi, proprietà della nobile famiglia dei Chiaromonte che lo ampliarono, fortificandolo ulteriormente, dal 1302 al 1392, resistette agli attacchi aragonesi. Altri lavori vennero ordinati da Giacomo De Prades, che fece costruire alcune torri, scuderie, un salone per le udienze e un grande salone per le armi.
Nel 1400, al suo massimo splendore, Giovanni Alfonso Henriquez, Viceré di Sicilia, consegnò a Caccamo il suo “Stemma”, una testa di cavallo, che un tempo, si narra, fosse di Cartagine, con l’aggiunta, però, delle tre gambe, il Triscele.
Come in ogni storia, dopo la grandeur, il declino, con il terremoto del 1923 che provocò una serie di crolli in varie aree.
Dal 1965 il castello è di proprietà della Regione Siciliana che si sta occupando del restauro e della riapertura di alcune aree rimesse in sicurezza.
Ma, tornando alla leggenda, il Castello di Caccamo avrebbe, anche, un’altra abitatrice, una giovane suora, figlia di uno dei tanti signori che lo abitarono. La fanciulla, innamorata di un soldato, vide il padre osteggiare questo amore al punto da rinchiuderla in un convento dove morì di dolore poco dopo. Nelle notti di plenilunio, allo scoccare della mezzanotte, potreste intravedere una bellissima fanciulla che, vestita di bianco, dirigendosi verso la Torre, regge in mano una melagrana che, leggenda vuole, bisogna mangiare, per ottenere un tesoro, senza far cadere nessun chicco, altrimenti si sarà condannati a vagare in sua compagnia per l’eternità.
Fonti:
castellidisicilia.it, liveunict.it, balarm.it, ilviaggioinsicilia.it
Fotografie: web
Filmato YouTube di Caccamo Live
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