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È a Palermo ma non si sa come sia arrivato: la "veronica"  Empty È a Palermo ma non si sa come sia arrivato: la "veronica"

Dom 8 Set 2024 - 18:34
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Che pensereste se aveste davanti a voi il volto di Gesù Cristo che vi guardasse dritto fino al profondo dell'anima? Secondo me, ci crediate o no, un po' le vostre convinzioni sulla vita e sul mondo forse si smorzerebbero.
È la sensazione che ho provato io di tremore e di inquietudine quando casualmente mi sono ritrovato davanti ad un quadro col volto di Cristo che mi fissava fin dentro il midollo delle ossa.
Suggestione, ovviamente, ma trovatevici per la prima volta, quando non ve l'aspettate, nella penombra silenziosa e vuota di una chiesa antica, a tratti lugubre e a tratti davvero splendente, come la chiesa di Sant'Anna la misericordia a Palermo.
Eppure quel volto è là, sospeso tra la realtà e la finzione, tra il misticismo e l'arte. Si narra che durante la salita sul monte del Calvario, ad un certo punto, una donna non ben identificata nei vangeli, ma poi riconosciuta come la Veronica, asciugò il sudore e il sangue di Cristo con un panno nel quale si sarebbe impressa la "veronica", cioè la "vera" "icona" di Cristo, la vera immagine di Gesù.


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Attraverso questo episodio, che non troverete nei vangeli ma soltanto negli "Atti di Pilato", un testo apocrifo, cioè non riconosciuto come autentico, si è poi sbizzarrita la fantasia degli artisti che lo hanno rappresentato un'infinità di volte in maniera diversa.
Ma di tutte le versioni di questo soggetto, quella che appare più sorprendente e "inquietante" è stata realizzata sul finire dell'Ottocento da un pittore che non ha nulla a che fare con la nostra città, almeno così sembrerebbe.
Il dipinto, che si trova appeso in uno dei pilastri che reggono la cupola della chiesa, alla fine della navata sinistra e a destra della cappella del crocifisso, è di un realismo spaventoso, cioè che incute timore.


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Sotto al dipinto vi è una didascalia con scritto: «Il dipinto raffigura il volto santo di Gesù. L'artista usa una singolare tecnica che permette di vedere gli occhi del Cristo sia aperti che chiusi. In alto, a destra, si legge Gab mar (Gabriele Marino?) sigla del pittore e a sinistra (1874) anno in cui l'opera è stata realizzata».
Oltre al fatto che bisognerebbe aggiungere che nel dipinto, sotto il ritratto, vi è scritto "Jesus Christus", ci sarebbe una piccolissima ma fuorviante imprecisione da correggere nella didascalia riguardante la firma dell'autore.
La svelerò alla fine. Il dipinto veniva esposto fino a qualche tempo fa durante la celebrazione del giovedì santo, poi non fu più utilizzato e venne appeso dove si trova.
Nella vicina cappella del crocifisso vi è un'opera altrettanto singolare: un crocifisso con croce realizzata in guscio di tartaruga e un Cristo dalla lingua mobile che simboleggerebbe il momento in cui Gesù proferisce le fatidiche parole "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno".


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Nel 1840 nasce a Praga il pittore Gabriel Cornelius von Max. Fu attivo a Vienna e Monaco, dotato di una profonda personalità spirituale e intellettuale che influenzerà la generazione di artisti della Secessione viennese. Questo artista è famoso per i suoi soggetti preferiti che riguardano l'antropologia, la psicologia e il misticismo.
Fu amante delle teorie darwiniane, infatti ritrasse molte scimmie con abiti e in atteggiamenti umani. Egli stesso allevava molte scimmie che prendeva come modello per i suoi dipinti.
La sua opera "Il velo di Santa Veronica" rappresenta la parte più mistica della sua produzione. Il pittore ama ancorare il messaggio religioso a una realtà umana forte e quotidiana.
Il velo della Veronica è (secondo il messaggio del pittore) la materializzazione visiva del volto di Cristo e di Dio. Nel dipinto si unisce la verità materiale del velo, addirittura rappresentato con i bordi sfilacciati, assieme alla verità immaginaria, sebbene tremendamente realistica e al contempo divina, di Cristo.
L'effetto ottico dell'apri e chiudi degli occhi, ricavato grazie a 14 sovrapposizioni di tonalità di colore, è un espediente mistico impressionante sia per i credenti che per i non credenti.
Il volto ritratto con la corona di spine e il sangue grondante, non mostra un viso sofferente ma consapevole del futuro, consapevole del sacrificio che sta per compiere.
Quello sguardo ha due obbiettivi precisi: mostrare un'introspezione psicologica del soggetto dipinto e provocare contemporaneamente una reazione in chi lo guarda.
Notata questa straordinaria ed efficace resa artistica, va quindi dato il giusto nome all'autore del dipinto che non si firmava "Gab mar" ma "Gab max" e corrisponde appunto all'artista Gabriel Cornelius von Max, morto a Monaco nel 1915.


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Resta da capire solo come l'opera sia arrivata a Palermo. Pare si tratti di una semplice commissione dei padri del Terzo ordine francescano, ma non ne abbiamo la certezza.
In ogni caso, se volete provare una suggestione incredibile, quasi da far accapponare la pelle, andate a visitarlo.

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Fonte: balarm.it (Antonino Prestigiacomo)

Fotografie: web

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Vivere senza leggere è pericoloso, ci si deve accontentare della vita, e questo comporta notevoli rischi.
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