San Silvestro ed il borgo abbandonato di Rajù (ME)
Sab 13 Mag 2023 - 16:46
Rajù, in provincia di Messina, è una delle 27 frazioni del comune di Fondachelli Fantina; il borgo, edificato ai tempi della riforma agraria, tra il 1940 e il 1950, contava, nel periodo di massimo splendore, circa 400 abitanti. Diciamo pure una grande famiglia, non mancando proprio niente: la scuola elementare, un ufficio postale, una succursale del Banco di Sicilia, sartorie, botteghe alimentari, una rivendita di tabacchi.
La gente viveva prevalentemente di agricoltura, pastorizia e artigianato e qui si trovavano falegnami, sarti, muratori e liberi professionisti.
A cambiare tragicamente la storia di Rajù fu una violentissima alluvione, avvenuta nella notte di San Silvestro del 1972. L’esondazione dell’adiacente torrente Fantina ha semidistrutto la parte bassa del paese, uccidendo una famiglia di quattro persone.
L’intera popolazione, da allora, decise dunque di trasferirsi nei comuni limitrofi e la maggior parte dei Rajusi vive oggi tra Barcellona Pozzo di Gotto, Terme Vigliatore, Trappitello di Taormina, Rodi Milici, Novara di Sicilia e Giardini Naxos.
La frazione venne abbandonata in pochi giorni, subito dopo la fase più critica dell’alluvione. Attualmente, Rajù è totalmente disabitata, ma il centro si conserva in ottime condizioni. È come se la vita si sia fermata, ma solo per poco, qui a Borgo Rajù, uno dei più belli e interessanti della Sicilia. Un luogo nel quale la natura si è appropriata di ogni angolo, dipingendo ritratti consegnati alla memoria.
Una storia triste quella che avvolge questo paesino del messinese che un tempo era luogo di semplicità, ma che oggi è soltanto l’anima silenziosa di un borgo fantasma, quasi fosse il set perfetto di un film fantasy.
Uno spopolamento tanto rapido quanto lo è la forza devastante di una brusca alluvione, proprio come quella che la notte del lontano 31 dicembre del 1972 si è abbattuta sul borgo Rajù, segnando così l’epilogo delle benevole speranze rurali di questo piccolo paesino in provincia di Messina.
Un borgo che mantiene la sua innata bellezza e dove, nonostante non sia più abitato da circa mezzo secolo, si respira ancora l’energia di una piccola comunità che viveva di cose semplici, essendo l’agricoltura, la pastorizia e l’artigianato le attività prevalenti.
Camminare, quindi, tra le sue strade mette i brividi soprattutto quando, girato l’angolo, basta spingere una porta ed ecco, sembra proprio che la famiglia stia per tornare a casa dopo una giornata di duro lavoro nei campi. La tavola è, infatti, desiderosa di accogliere un altro dei momenti in cui ci si riunisce per condividere la quotidianità, ma anche per fare programmi in vista dell’imminente futuro. La botte rimasta miracolosamente intatta ricorda che, prima di sedersi, bisognerà passare in cantina per riempire il fiasco che accompagnerà il pasto.
Nel gennaio di quest’anno, un grave atto di vandalismo si è verificato proprio a Rajù, dove “mani barbare” hanno distrutto l’altarino della memoria che ricordava la tragedia del 1° marzo 1973 quando una frana seppellì sotto le macerie della propria casa la famiglia di Francesco Signorino, allora quarantacinquenne.
L’altarino conteneva le foto di Francesco e degli altri componenti la famiglia deceduti quella notte e cioè la moglie Grazia da Campo (allora quarantenne) ed i figli Giuseppe di 16 anni e Carmela di 14 anni.
L’avevano voluto tutti gli abitanti di Rajù, più di 400, che nei mesi successivi alla tragedia abbandonarono le loro case per non ritornarvi più. Il timore che la montagna che sovrasta le case potesse venire giù nuovamente era troppo grande.
Come abbiamo detto, Rajù divenne una borgata fantasma ma gli abitanti non la dimenticarono mai, tornandovi ogni anno per ricordare la tragedia, riunendosi proprio davanti ai ruderi della casa della famiglia Signorino.
(dal web)La gente viveva prevalentemente di agricoltura, pastorizia e artigianato e qui si trovavano falegnami, sarti, muratori e liberi professionisti.
Una rarissima foto del Borgo di Rajù con i suoi abitanti in un momento di festa
lo stesso punto, come si presenta oggi
A cambiare tragicamente la storia di Rajù fu una violentissima alluvione, avvenuta nella notte di San Silvestro del 1972. L’esondazione dell’adiacente torrente Fantina ha semidistrutto la parte bassa del paese, uccidendo una famiglia di quattro persone.
L’intera popolazione, da allora, decise dunque di trasferirsi nei comuni limitrofi e la maggior parte dei Rajusi vive oggi tra Barcellona Pozzo di Gotto, Terme Vigliatore, Trappitello di Taormina, Rodi Milici, Novara di Sicilia e Giardini Naxos.
La frazione venne abbandonata in pochi giorni, subito dopo la fase più critica dell’alluvione. Attualmente, Rajù è totalmente disabitata, ma il centro si conserva in ottime condizioni. È come se la vita si sia fermata, ma solo per poco, qui a Borgo Rajù, uno dei più belli e interessanti della Sicilia. Un luogo nel quale la natura si è appropriata di ogni angolo, dipingendo ritratti consegnati alla memoria.
Una storia triste quella che avvolge questo paesino del messinese che un tempo era luogo di semplicità, ma che oggi è soltanto l’anima silenziosa di un borgo fantasma, quasi fosse il set perfetto di un film fantasy.
Uno spopolamento tanto rapido quanto lo è la forza devastante di una brusca alluvione, proprio come quella che la notte del lontano 31 dicembre del 1972 si è abbattuta sul borgo Rajù, segnando così l’epilogo delle benevole speranze rurali di questo piccolo paesino in provincia di Messina.
Un borgo che mantiene la sua innata bellezza e dove, nonostante non sia più abitato da circa mezzo secolo, si respira ancora l’energia di una piccola comunità che viveva di cose semplici, essendo l’agricoltura, la pastorizia e l’artigianato le attività prevalenti.
Camminare, quindi, tra le sue strade mette i brividi soprattutto quando, girato l’angolo, basta spingere una porta ed ecco, sembra proprio che la famiglia stia per tornare a casa dopo una giornata di duro lavoro nei campi. La tavola è, infatti, desiderosa di accogliere un altro dei momenti in cui ci si riunisce per condividere la quotidianità, ma anche per fare programmi in vista dell’imminente futuro. La botte rimasta miracolosamente intatta ricorda che, prima di sedersi, bisognerà passare in cantina per riempire il fiasco che accompagnerà il pasto.
Nel gennaio di quest’anno, un grave atto di vandalismo si è verificato proprio a Rajù, dove “mani barbare” hanno distrutto l’altarino della memoria che ricordava la tragedia del 1° marzo 1973 quando una frana seppellì sotto le macerie della propria casa la famiglia di Francesco Signorino, allora quarantacinquenne.
L’altarino conteneva le foto di Francesco e degli altri componenti la famiglia deceduti quella notte e cioè la moglie Grazia da Campo (allora quarantenne) ed i figli Giuseppe di 16 anni e Carmela di 14 anni.
L’avevano voluto tutti gli abitanti di Rajù, più di 400, che nei mesi successivi alla tragedia abbandonarono le loro case per non ritornarvi più. Il timore che la montagna che sovrasta le case potesse venire giù nuovamente era troppo grande.
Come abbiamo detto, Rajù divenne una borgata fantasma ma gli abitanti non la dimenticarono mai, tornandovi ogni anno per ricordare la tragedia, riunendosi proprio davanti ai ruderi della casa della famiglia Signorino.
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