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Solunto, il sito archeologico (palermitano) abbandonato Empty Solunto, il sito archeologico (palermitano) abbandonato

Gio 3 Nov 2022 - 20:01

Solunto, il sito archeologico (palermitano) abbandonato ESC8D5j



Le rovine dell’antica città di Solunto si trovano a circa 20 km da Palermo appunto, sulla collina denominata Monte Catalfano, alta 374 metri con consequenziale “bello sbalanco”, nel comune di Santa Flavia. Consigliabile la visita fosse anche solo per la vista da lassù.
Le più antiche notizie su Solunto le abbiamo da Tucidide, secondo il quale furono i Fenici, a partire dal VII secolo a.C., ad occupare il territorio e a dare vita alla prima colonizzazione. In seguito la città fu conquistata da Dioniso I di Siracusa durante la guerra contro i Cartaginesi e probabilmente il centro abitato fu saccheggiato e distrutto per poi essere ricostruito sul Monte Catalfano, di fronte Capo Zafferano, e qui si insediarono un gruppo di mercenari greci. La città passò poi sotto il dominio dei Romani nel 254 a.C. durante la Prima Guerra punica, per poi essere definitivamente abbandonata nel I secolo d.C.

Il nome Solunto ci è stato tramandato dagli storici greci, e deriverebbe da quello di un brigante, almeno stando a quanto dice il mito della sua fondazione, mentre su alcune monete, perchè nel caso in cui non lo sapeste esisteva una zecca propria, si trova il nome punico Kafara, che significa “villaggio” e con cui oggi si indica una delle spiagge più note e caratteristiche della zona. Secondo Tucidide era questa una delle principali città fenicie di Sicilia, insieme a Mozia e a Palermo, ma dell’abitato fenicio sono rimaste poche tracce, ben visibili sono invece i resti della città greca.

L'area archeologica è gestita dalla Regione Siciliana-Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, e su questo si potrebbero dire tante cose...

Nel 2003 è stato aperto al pubblico il nuovo antiquarium di Solunto, organizzato in due distinte sezioni che sono ospitate in altrettanti padiglioni, all’ingresso e poi alla fine del percorso, così da accompagnare i visitatori con due piccole aree museali.

Una breve introduzione con il padiglione A che accoglie al suo interno anche un’importante testimonianza di monete, grazie alle quali è stato possibile ricostruire proprio la storia del villaggio, e poi a conclusione del percorso il padiglione B, interamente dedicato alla documentazione prodotta dai nuovi scavi ed alla “cultura materiale” della città, per poi concludere la visita con una piccola esposizione di reperti subacquei di varie epoche, recuperati nelle acque del litorale di Porticello, frazione marinara di Santa Flavia.

Solunto, il sito archeologico (palermitano) abbandonato MgcO5Nf



Oggi è riaffiorata più o meno un terzo dell’antica cittadina, davvero molto poco se ci pensate, ma è chiaro che per una nuova campagna di scavi sarebbero necessari dei fondi di cui non si dispone e negli ultimi anni sono stati effettuati solo degli scavi di approfondimento, i più recenti nel 2021, così da far riemergere elementi e dettagli nelle aree già oggetto di studio in precedenza.
Pare che sin dal ‘600, come riportano i diari dei tanti viaggiatori passati da qui, si assistesse al riaffiorare periodico di qualche reperto. Se ci pensate ancora oggi, ogni volta che in tutta la zona si interviene, qualche ritrovamento è ormai scontato. Proprio poco tempo fa, iniziati i lavori per l’abolizione del passaggio a livello di Santa Flavia, “qualcosina” è venuta fuori senza far neanche troppa notizia tale è l’abitudine.

Fu però solo nel 1825, come riferiva Salinas, che una società privata intraprese la prima campagna di scavi, “nulla” in confronto al lavorone iniziato nel 1951 da Vincenzo Tusa, padre di Sebastiano, che avviò una campagna durata un ventennio. Così per secoli, per volere di società private, principi e professori, tassello dopo tassello è riemerso l’antico assetto urbano che vedeva canonicamente la cittadina ripartirsi in isolati e 3 diverse zone: l’area privata che si sviluppava lungo le vie trasversali; l’area pubblica nella parte finale della via principale; l’area religiosa posta in zona intermedia tra il settore privato e quello pubblico.

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Putroppo, e piange davvero il cuore a dirlo, la situazione in cui riversa attualmente il sito non è delle migliori, per usare un eufemismo. Io non amo denigrare il lavoro altrui o gli sforzi delle amministrazioni pubbliche, per carità, di leoni da tastiera ne abbiamo a sufficienza in giro. Non sono le macchie di umidità dal padiglione A che mi turbano, ma constatare che parte delle rovine non sia visibile a causa dell’erba alta e delle sterpaglie, che Leda e il suo cigno si stiano gradualmente cancellando e che quel che resta dei mosaici sia totalmente in balia delle intemperie e dei furbacchioni che potrebbero decidere di farsi un quadretto con delle tesserine e portarne via indisturbati una bella manciata.
Quello che duole riportare è la totale assenza di controlli, credo che alcuni degli addetti non facciano un giretto sin lassù da un bel po’ di tempo.

Spiace vedere che vi sia molta disinformazione, recentemente ho avuto modo di constatare che persino il sito del Ministero dei Beni Culturali dà il sito per chiuso, quando è invece visitabile 6 giorni su 7.

Basterebbe davvero poco a migliorare la
situazione in cui il sito versa ad oggi.
Innanzitutto potenziare la comunicazione favorirebbe l’incremento di visitatori e così anche di fondi utili se non ad intraprendere nuove campagne di scavo, quanto meno a rendere più fruibile la parte attualmente a disposizione dei turisti. Insomma “due spicci” in più per salvare il salvabile e dare il giusto lustro a quello che in altre parti del mondo attirerebbe una mole incredibile di turisti e studiosi.
Insomma, un po' di impegno per valorizzare un luogo che offre una visuale da lassù che domina su tutto il promontorio e un tuffo nel passato che valgono comunque la visita.

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Fonte: balarm.it - articolo di Sara Abello)

Fotografie: balarm.it

Filmato YouTube di Ezio Battaglia
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Gio 3 Nov 2022 - 20:06

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Il viaggio tra le rovine della città ellenistico-romana di Solunto, fondata intorno al IV sec. a.C. sul Monte Catalfano, a cavallo tra il golfo di Palermo e quello di Termini, sarà possibile grazie al "Solunto Virtual Tour 360°", un progetto finanziato dal Gal Metropoli Est.

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Il progetto che mira alla promozione e valorizzazione digitale della necropoli, nasce dalla collaborazione del Gruppo di Azione Locale diretto da Salvo Tosi, con il Parco archeologico di Himera Solunto e Monte Iato diretto dall'arch. Domenico Targia e l'Università degli studi di Palermo.
Il progetto, coordinato dall'archeologo Emanuele Tornatore, sarà portato avanti da un'equipe di tecnici e archeologi specialisti in ricostruzioni 3D, in metodi computazionali e in restauro digitale che lavorerà presso la necropoli di Solunto per acquisire rilievi, foto e disegni necessari a ricostruire in 3D la necropoli e consentirne la fruizione digitalmente. Il progetto prevede anche la ricostruzione di un contesto funerario in situ.

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Fonte: amp.guidasicilia.it

Fotografie: web
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