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Scicli: il sito rupestre di Chiafura Empty Scicli: il sito rupestre di Chiafura

Sab 19 Nov 2022 - 18:36

Scicli: il sito rupestre di Chiafura

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Chiafura è un piccolo quartiere rupestre di Scicli che si trova su un lato del Colle di San Matteo, composto esclusivamente da grotte scavate artigianalmente nella roccia. Le Grotte di Chiafura sono in grado di trasmettere una enorme pagina storica non solo di Scicli ma dell’intera Sicilia, grazie ai numerosi ritrovamenti e alle tante testimonianze giunte ai nostri grazie agli abitanti del luogo che popolavano queste grotte fino al 1959.
Oggi è deserto a seguito della legge Romita sull'edilizia impropria del 1954 che decretò il definitivo abbandono del quartiere e il successivo trasferimento nel nuovo quartiere di Jungi.
L’origine del nome, menzionato per la prima volta nel 1684, è oscuro e sembra appartenere a una denominazione topografica. Deriverebbe dalla corruzione di una frase, della quale l’unico elemento chiaro potrebbe essere il “fora” finale, come ad indicare probabilmente “un quartiere fuori dalla città”.

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In questi luoghi sorge oggi il Parco Archeologico delle Grotte di Chiafura, che vi permette di visitare questi affascinanti luoghi dalla storia millenaria e riscoprire tutte le usanze e le tradizioni locali.

Le origini di Chiafura sono remote. Si pensa infatti che abitazioni sparse risalgano addirittura al periodo neolitico anche se è stato scoperto che la maggior parte di esse appartenga all'età bizantina.
Le Grotte di Chiafura furono in buona parte realizzate nel periodo bizantino, intorno al V secolo, per ospitare le Catacombe, quindi adibito a cimitero fino all’avvento degli Arabi.
In seguito all'insicurezza causata dal crollo dell'impero romano, le popolazioni cominciarono a salire verso la rocca fortificata, già sorta sul colle di San Matteo.
Per vedere la popolazione spostarsi nelle Grotte di Chiafura bisognerà attendere il 1091, quando i normanni conquistarono Scicli e favorirono il fenomeno del trogloditismo, con diverse famiglie che cominciarono a spostarsi sul Colle di San Matteo per insediarsi nelle sue grotte.

Dall’arrivo dei normanni il trogloditismo nel territorio di Chiafura continuò esponenzialmente nei secoli a venire, a tal punto che nel Settecento si contavano circa 2000 abitanti sparsi nelle varie grotte, circa un quinto degli sciclitani, un vero e proprio centro abitato che funzionava discretamente, con una sua economia e con le proprie usanze.
A seguito del terremoto del 1693 il castello fu distrutto. Nel 1874 la Matrice fu trasferita nella Chiesa di Sant'Ignazio nella città nuova e ciò decretò la fine e il definitivo abbandono del colle, anche se diverse migliaia di persone continuarono a scavare le proprie semplici abitazioni e a ricavarvi all'interno, gli spazi e gli arredi che servivano per la vita di tutti i giorni.
Sebbene nell’Ottocento molti abitanti cominciarono a spostarsi a valle, diverse famiglie rimasero nelle grotte ancora per lungo tempo, a tal punto da contare circa 900 abitanti fino alla metà del Novecento.
Nel XIX secolo, la fine del problema delle incursioni causate dalla seconda guerra mondiale e l'aumento demografico provocarono la progressiva espansione verso il fondovalle.
Nel 1959 le istituzioni, guidate dal sindaco di Scicli, si fecero promotori per inserire nella comunità locale le oltre 100 famiglie di Chiafura, fornendogli tutti gli strumenti e le risorse necessarie per stabilirsi definitivamente nel centro urbano e abbandonare quello stile di vita “primitivo” per integrarsi nella società moderna.

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La parte occidentale, dominata dal "Castiddazzu", è caratterizzata da terrazze lungo tutta la sua altezza.
La maggior parte delle grotte è costituita da uno o due vani quadrangolari, di circa 4 o 5 metri di lato; alcune di esse sono scavate in pareti che si affacciano direttamente sulla strada; altre si raccordano alla strada tramite un cortile antistante. Parte di queste abitazioni sono dislocate su due piani, collegati attraverso scale interne, anch'esse scavate nella roccia.
Nel corso degli ultimi due secoli si è verificato un allargamento delle abitazioni tramite l'integrazione delle grotte con strutture costruite in muratura. Le aree più larghe, nei vari terrazzamenti, dovettero costituire lo spazio comunitario, l'agorà dell'abitato, il centro deputato alla vita pubblica.

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Tra i luoghi più suggestivi delle Grotte di Chiafura vi è “A’ Rutta ri Ron Carmelu”, una grotta allestita esattamente con un tempo, visitabile per riscoprire il singolare scenario abitativo che se da un lato potrebbe lasciar pensare a un’epoca lontana, in realtà le condizioni ricreate sono le stesse in cui vi si viveva fino a poche generazioni fa. La Grotta di Don Carmelo è un vero e proprio museo rupestre, al cui interno sono custoditi tutti gli utensili e gli attrezzi utilizzati per la casa e per il lavoro.Visitare l’area rupestre di Scicli è il modo migliorare per conoscere al meglio la storia della città e le sue tradizioni, giunte fino ad oggi grazie alle testimonianze recenti visto che il luogo è stato abitato fino a qualche decennio fa. Lo scenografico scenario del Colle di San Matteo si presta benissimo per scorgere dei panorami sulla città e sul mare.

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Più appassionata invece la descrizione resa da chi a Chiafura ci ha vissuto, come lo scomparso Gaetano Mormina, medico e scultore, da bambino chiafurano per scelta. In un articolo pubblicato dal Giornale di Scicli il 15 novembre del 1998, Mormina raccontava che “erano specie di caverne, senza intonaco e con pavimenti di roccia. Le grotte erano umide, fredde, annerite dal fumo della tannura, specie di cucina fatta da due pietre parallele con due ferri messi trasversalmente”.

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"C’era anche il forno di pietra, costruito dentro la grotta o vicino ad essa. In alcuni casi vi erano delle gallerie che penetravano nella montagna, attraversandola per decine di metri, dove era facile trovare stalattiti o stalagmiti di pietra. Quando la grotta non bastava più per accogliere la famiglia che diventava numerosa, si scavava la parete per ricavare spazi nuovi dove sistemare i figli”.
Ecco quindi la descrizione delle condizioni di vita degli abitanti di Chiafura, circa seimila all’inizio del XX secolo, famiglie povere e numerose stipate in grotte la cui superficie era dai 30 ai 70 mq.: “l’alimentazione era scarsa e molto povera: si consumavano prevalentemente legumi, pane, pasta, poca verdura, latte, uova e formaggio per chi aveva i soldi; la carne solo durante le feste di Natale e Pasqua. A Chiafura si usava il siero della ricotta per fare la zuppa la mattina”.

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Qualcuno però colse la Poesia che albergava in questo piccolo mondo primitivo e per iniziativa del Movimento Culturale Vitaliano Brancati di Scicli nel 1959 furono invitati a visitare il sito artisti e intellettuali come Guttuso, Levi, Pasolini, affinché potessero osservare di persona quelle grotte che “a detta degli studiosi avevano una importanza superiore alle grotte di Matera”.
Pier Paolo Pasolini, reduce da questa esperienza, scrisse: “Chiafura era una specie di montagna del Purgatorio, con i gironi uno sull’altro, forati dai buchi delle porte saracene, dove la gente ha messo un letto, delle immagini sacre, dei cartelloni di film alle pareti e lì vive ammassata, qualche volta con il mulo. Si tratta di un rustico agglomerato troglodito, composto da cento bocche che si aprono nel lato sinistro del colle di S. Matteo. Le grotte furono abitate fino agli anni ’50 e per tale motivo furono oggetto di denunzie e di lotte sociali a livello nazionale. L’insieme delle grotte ha una visione veramente suggestiva, ma sono anche una testimonianza del sottosviluppo e dell’emarginazione del Meridione”

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Il ritratto pasoliniano dovrebbe far pensare a un popolo di disperati, invece i chiafurani piansero quando gli imposero di trasferirsi altrove, testimonianza di come si potesse essere felici anche vivendo in grotta. Tanto che dovettero distruggere quelle grotte con l’esplosivo, pur di non farci tornare a vivere la gente. Perché gli mancava tutto, tranne una cosa: la dignità. Come ci raccontava, da testimone oculare, proprio Gaetano Mormina.

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Fonti: enogastronomiche.it, comune.scicli.rg.it, sicilyintour.com, siciliafan.it

Fotografie: web
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