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Agrigento e la sua versione dolce del cous cous Empty Agrigento e la sua versione dolce del cous cous

Dom 2 Lug 2023 - 15:27

Agrigento e la sua versione dolce del cous cous FO0UezW


Il cous cous è il piatto più popolare nel Nord Africa, ma è diffuso in tutto il mondo. la storia ha elaborato diverse opinioni circa le sue origini. Sappiamo che nell’undicesimo secolo, la conquista arabo-islamica ha contribuito alla diffusione del piatto in Europa. Il couscous giunse fino in Sud America, attraverso le colonie portoghesi emigrate dal Marocco. L’espansione del couscous è continuata durante il XX secolo.

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Ritorniamo al cous cous o cuscus, è un piatto ricavato dalla semola di grano duro macinata e sottoposta a uno specifico processo di lavorazione, che si rivela versatile negli abbinamenti e adatto a tantissime preparazioni fresche e gustose, di carne, di pesce, di verdure e non solo in Sicilia anche nella versione dolce.
Oltre a essere un alimento pratico, sin dall’antichità il cous cous si è imposto anche come un piatto ricco di fascino e di “mito”: una leggenda siciliana, ad esempio, chiama in causa il famoso Re Salomone, che trovò conforto alle sue pene d’amore e alla conseguente inappetenza causata dalla Regina di Saba – da lui amata, ma non corrisposto – grazie al cuoco di corte, che preparò al sovrano un impasto di semola e spezie, tra cui il cumino, che restituì vigore e lucidità al re.

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Come si mangia il cous cous, un elemento simbolico, legato a questo piatto, riguarda il rito del suo consumo, le popolazioni arabe mangiano il cous cous con le mani, o più precisamente con le dita, prendendo la propria porzione da un piatto comune.
L’etichetta prevede di prendere il cous cous con tre dita e formare una pallina da portare alla bocca; molto importante è rispettare il gesto, perché nel Corano si legge che “con un dito mangia il diavolo, con due il profeta e con cinque l’ingordo”.
In Sicilia, c’è un vero culto, soprattutto nella parte occidentale dell’isola, è il 1777 quando Giuseppe Pitré, nel suo saggio di antropologia sugli usi e i costumi del popolo siciliano, descrive questo piatto chiamato “cuscusu colla carne di porco, vivanda in Sicilia dai saraceni lasciata”.

il Monastero di Santo Spirito di Agrigento

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Oggi, il cous cous è uno dei piatti tradizionali della Sicilia ed è uno dei simboli della gastronomia di Trapani, e in suo onore si organizzano festival, sagre, eventi vari: il più famoso è probabilmente il Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo, che vede sfidarsi chef di tutto il mondo nella preparazione di questa deliziosa specialità.
La versione dolce del cous cous pare sia nata ad Agrigento, nel Monastero di Santo Spirito. Le monache di clausura erano dedite all’insegnamento dell’arte del cucito e del ricamo e, naturalmente, oltre a questo erano anche famose per essere delle abili pasticciere. Il cous cous dolce, sembra avere origini tunisine. Erano infatti di questa nazionalità le donne di servizio che nel XIV secolo si occupavano delle suore appartenenti alle famiglie nobili del Monastero.

le monache del Monastero agrigentino impegnate nella preparazione dei loro gustosissimi dolciumi

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La ricetta originale è rimasta segreta, ma sembra che comprenda pistacchi e mandorle. Lo stesso prodotto si poteva acquistare anche nella pasticceria del Monastero di Santa Caterina, a Palermo.
Il mistero che caratterizza la ricetta ha fatto sì che in ogni parte della Sicilia ne siano nate versioni diverse. Ancora oggi le monache lo confezionano con gli antichi e originali sistemi.

una confezione del cous cous dolce venduta presso il Monastero

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Si trovano diverse versioni, le più comuni prevedono l’utilizzo di numerosi prodotti tipici della gastronomia siciliana come i famosi pistacchi di Bronte, le mandorle, il cioccolato di Modica e la zuccata. Quest’ultima è un prodotto dolciario a base di zucca candita difficile da reperire fuori dall’Isola, si può sostituire con l’arancia candita.
Quello che è importante è che sia rispettata la ricetta tradizionale, e prevede che il cous cous sia preparato partendo dalla semola.
La tradizione di questo dolce è così forte che le monache ancora oggi lo preparano in grandi pentoloni di terracotta con pistacchi, frutta candita, cioccolato e tante piccole segretissime delizie.

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Segreti da sempre custoditi tra le mura dell'antico convento, tramandati nei silenzi della clausura. Non a caso, per far sì che la ricetta rimanga riservata, solo le suore anziane decidano quando cedere il segreto alle più giovani.
Il monastero è stato fondato nel 1290 ad opera della nobildonna Rosalia Prefoglio, moglie di Federico Chiaramonte I, sotto la giurisdizione di Casa mari. Il Monastero Santo Spirito fu soppresso a seguito delle leggi eversive dello stato, per quanto fu concesso loro di continuare a dimorarvi. La chiesa di Santo Spirito è un gioiello barocco di inestimabile valore, sia per la sua storia antica legata alla presenza delle monache, sia per le opere artistiche contenute non solo di Giacomo Serpotta, ma, anche di Domenico Provenzani e Domenico Gagini. Nel 1916 lo Stato decise di affidare la struttura al comune di Agrigento, all’interno del Monastero di Santo Spirito sono ospitate anche due collezioni permanenti del Museo Civico di Agrigento.

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Tra coloro che amarono tantissimo il cous cous dolce del Monastero di Santo Spirito, lo scrittore Leonardo Sciascia che, secondo voci popolari, ne regalò, negli anni, grandi quantità ad amici e parenti.

E adesso una delle ricette più comuni

INGREDIENTI

- 500 g di semola per cous cous;
- 80 g di granella di pistacchi di Bronte;
- 80 g di uva passa;
- 100 g di zuccata;
- Q.b. di zucchero a velo;
- Q.b. di cannella in polvere;
- 80 g di gocce di cioccolato;
- 80 g di mandorle;
- Q.b. olio evo;
- Q.b. sale;
- Q.b. succo d'arancia;
- Q.b. frutta candita.


PREPARAZIONE

1)- Lavorate la semola con le mani poco alla volta aggiungendo qualche goccia d’acqua in modo da formare dei grani più grossi e man mano disponetela su uno strofinaccio per farla asciugare. Quando tutta la semola sarà “ncocciata” conditela con olio e sale sfregandola con delicatezza tra le mani.

2)- Mettete a cuocere a vapore e quando comincia a uscire il vapore, abbassate la fiamma: la semola sarà cotta circa dopo 45 minuti.

3)- Nel frattempo tostate in forno le mandorle e tritatele.

4)- Quando la semola è pronta, trasferitela un’insalatiera, irroratela con il succo d’arancia e fatela raffreddare.

5)- Aggiungete alla semola lo zucchero, la cannella, le gocce di cioccolato, le mandorle tostate, l’uva passa, la zuccata tagliata a piccoli tocchetti e la granella di pistacchi di Bronte.

6)- Trasferite in un piatto da portata e decorate con frutta candita e granella di pistacchi di Bronte.




“Nun c’è megghiu sarsa di la fami”

(Proverbio siciliano)




(dal web)



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