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Selinunte e le ultime scoperte Empty Selinunte e le ultime scoperte

Mar 15 Nov 2022 - 17:51

Selinunte e le ultime scoperte

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E' l'area archeologica più grande d'Europa. Mito, leggenda, storia, cultura: il Parco di Selinunte è tutto questo ed altro ancora. Uno scrigno di tesori lontani millenni eppure ancora così vivi, immanenti. 270 ettari che raccontano una delle più fiorenti civiltà classiche del Mediterraneo. Una storia già tanto ricca eppure ancora tutta da scoprire, e che attira non solo turisti e curiosi, ma ricercatori e studiosi da ogni parte del mondo.

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Prima di parlare delle ultime importanti scoperte, vediamo un po' la storia di questa che è stata una fiorente città.

NASCE SELINUNTE
650-628 A.C.
I coloni di Megara Hyblea (vicino l'attuale Augusta), guidati dall'ecista Pammilos, cercano nuovi sbocchi commerciali nella parte occidentale della Sicilia: fondano la colonia di Selinunte, come ricco emporio, e prendono il nome da "Selinòn", che indica le foglie d'apio, un prezzemolo selvatico che cresce abbondante lungo le sponde e nella valle del fiume Modione.

DUE SECOLI DI PROSPERITÀ E SVILUPPO
628 - 420 A.C.
Selinunte cresce affermandosi come Apoikia, importante colonia di popolamento, e intrecciando rapporti politici e commerciali con i cartaginesi, con i greci. Viene costruita l'Acropoli, il Santuario della Malophoros, viene fondata la subcolonia di Eraclea Minoa. E' l'alba di una delle più fiorenti colonie greche.

IL CONFLITTO CON SEGESTA
413 A.C.
Le mire espansionistiche di Selinunte giungono a minare i territori segestani. Dopo varie battaglie conclusesi senza gravi conseguenze, si arriva ad uno scontro tra imponenti compagini: Segesta, appoggiata da Cartagine ed Atene, e Selinunte, appoggiata da Siracusa, Agrigento e Gela.

LO SCONTRO DECISIVO E LA DISFATTA DI SELINUNTE
409 A.C.
La battaglia decisiva vede la schiacciante vittoria del cartaginese Annibale Magone che, complice i mancati arrivi degli aiuti agrigentini e siracusani, schiaccia Selinunte e la saccheggia, salvando solo donne e bambini. Finisce così la storia di una delle più gloriose colonie greche d'Occidente.

L'ACCORDO TRA SIRACUSA E CARTAGINE
III SEC A.C.
Selinunte tenta una ripresa, forte dell'ancora viva alleanza con Siracusa. Il Tiranno Dionisio si rende protagonista di vari tentativi di espugnare il promontorio di Lilibeo (l'attuale territorio marsalese) e scacciare così i cartaginesi, ma il fallimento delle spedizioni porta ad un accordo di pace, con cui Selinunte finisce in mano ai cartaginesi.

IL PERIODO PUNICO
III SEC A.C.
Selinunte viene ricostruita dai cartaginesi, ma solo nell'area dell'acropoli. Si insediano così elementi della civiltà punica, si diffondono nuovi culti, e il vecchio centro urbano della Manuzza diventa necropoli.

LA FINE DI SELINUNTE
III-II SEC. A.C.
Nel corso della prima guerra punica, Selinunte spera in vano di potersi liberare dal giogo cartaginese con l'aiuto dei Romani. Ma i cartaginesi preferiscono spostare le loro risorse a Lilibeo, lasciando così Selinunte in balia dei romani. Selinunte non fu mai più ricostruita ed abitata. Finisce così una delle più gloriose e importanti colonie della Sicilia Greca.

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L'area archeologica attualmente visitabile è costituita da 7 Templi, alcuni in buono stato di conservazione, costruiti secondo un rigoroso ordine dorico, lo stile architettonico greco più antico. E ancora santuari, necropoli, le cave di Cusa e tutti i luoghi di interesse presenti all'interno del Parco Archeologico di Selinunte.

Templi A e O: Posti sulla collina dell'Acropoli, ne abbiamo solo dei resti, che rivelano però come fossero praticamente identici l'uno con l'altro. Interessanti i ritrovamenti nel pavimento del pronao del Tempio A di figure simboliche puniche, come la Dea Fenicia Tanit. Periodo di costruzione:490-460 a.C. Dedicati ai Dioscuri e a Poseidone

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Tempio C: Il più antico fra quelli presenti nell'acropoli, oggi sono visibili 14 colonne sulle 17 totali del lato nord. Da questo tempio sono state rinvenute 3 metope e un gigantesco gorgoneion a decoro del frontone. Probabilmente svolgeva funzioni di archivio. Periodo di costruzione:550 a.C. Dedicato ad Apollo

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Tempio D: Anch'esso posto sull'Acropoli. Rispetto al Tempio C, mostra una progressione nelle tecniche di costruzione, ma l'incertezza costruttiva è ancora evidente. All'esterno è presente un grande altare, posto però non in asse col Tempio, il che fa supporre che già precedentemente l'area fosse occupata da un altro luogo di culto. Periodo di costruzione:540 a.C.. Dedicato ad Atena

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Tempio E: Il meglio conservato fra quelli presenti sulla Collina Orientale, ma per via di una recente anastilosi (tra il 1956 e il 1959). Anche il Tempio E ha lasciato in dote delle metope, che oggi si trovano al Museo Archeologico di Palermo. Oggi nell'area del tempio vengono spesso svolte manifestazioni teatrali e concerti. Periodo di costruzione:460-450 a.C. Dedicato a Hera o Afrodite.

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Tempio F: De gruppo dei Templi della Collina Orientale, è il più antico e il più piccolo. Oggi sono visibili solo rovine. L'originalità di questo tempio consiste nell'ingresso, posto ad Est, cosa insolita per un tempio greco. Probabilmente la ragione sta nella necessità di proteggere i doni votivi o impedire ai profani la visione di particolari riti come i misteri dionisiaci. Periodo di costruzione:550-540 a.C. Dedicato ad Atena o Diòniso.

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Tempio G:Il più grande del Parco e uno dei maggiori del mondo greco. La sua costruzione rimase incompiuta, e ad oggi sono rinvenibili solo rovine. Di particolare nota è una colonna rimasta in piedi, nota come "lu fusu di la vecchia", oggetto di racconti e leggende. Periodo di costruzione:530-409 a.C. Dedicato a Zeus

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Ed ora veniamo alle scoperte più recenti

Da uno scavo compiuto durante i lavori estivi della missione della New York University e dell’Università Statale di Milano: sei settimane che hanno visto impegnati un gruppo di 50 tra studenti, ricercatori e docenti provenienti dagli Usa e da diversi atenei italiani ed europei, è emersa una porzione di muro realizzata con mattoni di argilla mista a cenere e si trova proprio al di sotto del livello di fondazione all’angolo sud-est del tempio R. «Non sappiamo a che tipo di struttura faccia riferimento questa porzione di muro scoperto, forse un recinto per attività di culto - spiega Clemente Marconi, docente della NYU e UniMi che guida la missione - ma, certamente, risale al settimo secolo, alla prima generazione di vita di Selinunte e ben prima che nel V secolo i selinuntini costruissero la città e i tempi in forme monumentali».
Già da decenni la NYU e UniMi scavano a Selinunte, con particolare interesse per l’area del grande santuario urbano dell’antica città, nella zona dell’acropoli. Nella missione di quest’anno è stato anche effettuato un saggio tra tempio A e tempio O, in collaborazione con l’Istituto Archeologico Germanico. «Durante la nostra missione di quest’anno abbiamo identificato un probabile smottamento nella zona del tempio O che, presumibilmente, fu la causa del non completamento - spiega il prof. Marconi - quel tratto comprendente i due templi è l'unico dove non è presente il banco roccioso». Per tornare al grande santuario urbano, lo scavo di quest’anno ha portato alla luce ulteriori testimonianze delle prime attività di culto dei coloni greci, tra i quali resti significativi di ceramica proveniente da Megara Iblea.
Ed è sempre qui, dentro il tempio R, che la terra ha restituito la parte mancante di una matrice in pietra (la prima era stata trovata dieci anni fa a breve distanza) servita per la fusione di un oggetto in bronzo, sembra uno scettro. Un oggetto così prezioso, ipotizzano oggi gli archeologi, da non dover essere replicato. Per questo subito dopo la fusione le matrici sarebbero state seppellite in due luoghi diversi.
Da quello stesso edificio, rivela Marconi, arrivano poi due oggetti, che nei prossimi giorni verranno esposti nell’antiquarium del Parco: un amuleto in forma di falco, immagine del dio del cielo Horo realizzata in blu egizio, che arriva dall’Egitto della fine del VII secolo a.C., e una statuina in miniatura raffinatissima di una sirena in avorio, ritrovata in frammenti nel 2017 e ricostruita in questi mesi in laboratorio. Una piccola meraviglia, sottolinea Marconi, quasi certamente importata dalla Grecia, che “racconta la ricchezza raggiunta dalla città nel VI secolo a.C.”. Duesecoli più tardi la fine per Selinunte sarà terribile, con la città messa a ferro e fuoco dai soldati di Annibale. Sepolta per secoli, la grandeur di quel secolo d’oro torna oggi a stupire.

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Fonti: visitselinunte.com, trapani.gds.it, sicilyturist.com, lasiciliaweb.it

Fotografie: web
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Mar 15 Nov 2022 - 18:03

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Rinascono le colonne del Tempio di Selinunte



Alte sedici metri, torneranno a svettare nel parco di Selinunte tre delle ciclopiche colonne del tempio G, orgoglio dell'antica Selinus, l'edificio sacro grande come un campo di calcio che 2.600 anni fa si ergeva a testimone di pietra della potenza e della ricchezza della gloriosa colonia greca fondata dagli uomini di Megara Hyblaea.

Fortemente sostenuta anche da Sebastiano Tusa, la ricollocazione delle colonne del tempio G, anticipa all'ANSA l'archeologo Oscar Mei dell'Università di Urbino dal 2010 impegnato in campagne di scavo nel parco siciliano, è in realtà solo l'auspicato step finale di un complesso progetto di studio, restauro e musealizzazione finanziato con 5 milioni di euro dal governo uscente della Regione Sicilia, grazie all'impegno appassionato dell'assessore alla cultura Alberto Samonà. Un progetto per il quale è già al lavoro un team di super esperti, che vede il professore impegnato insieme con gli archeologi Valerio Massimo Manfredi, il primo a suggerire molti anni fa un progetto di ricomposizione, e Claudio Parisi Presicce, anche lui a lungo a Selinunte, con una grande esperienza nello studio dei templi greci arcaici.
n pratica un cantiere enorme, che sarà sempre aperto al pubblico, assicura il direttore del parco archeologico siciliano Felice Crescente e che comunque richiederà il contributo anche di altre università, se si pensa che con i suoi 109 metri di lunghezza e i 50 di larghezza, il grande edificio -secondo le ultime ipotesi dedicato a Zeus- viene considerato il più grande tempio periptero, ovvero a colonne libere, della Sicilia ed uno dei più grandi del Mediterraneo antico.

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Una meraviglia che dopo la conquista cartaginese, i terremoti e i tanti secoli trascorsi ci appare oggi come un immenso cumulo di macerie e che la ricostruzione di qualche colonna potrebbe rendere di fortissimo impatto. "Non puntiamo sulla spettacolarità", avverte Mei, "qui non si tratta di una ricostruzione del tempio, bensì di una grande operazione scientifica di ricerca e di tutela". Niente a che vedere al momento con il progetto di ricostruzione sostenuto nel 2018 da Vittorio Sgarbi, allora assessore in Sicilia, che ipotizzava il coinvolgimento di mecenati con un preventivo di spesa di 15 milioni di euro per ritirare su l'intero tempio. “E’ vero però”, fa notare Mei, “che un intervento conservativo si è dimostrato in questi anni fondamentale”, perché "gli elementi architettonici, fatti per stare in piedi, a terra si stanno sbriciolando". L'innalzamento di alcune delle colonne del lato sud, scelte tra quelle che nel crollo sono rimaste più integre, avrebbe quindi prima di tutto un fine di conoscenza e di conservazione, si accalora il professore. Anche se certo "sarebbe un modo per rendere il monumento più leggibile per i visitatori".
Eppure già in questi anni, sottolinea ancora Mei, sono stati fatti molti passi avanti per chiarire il mistero di queste rovine. Si è capito per esempio che quello che sembrava un tempio mai finito era invece un edificio "non del tutto rifinito". "Mancavano le scanalature delle colonne, che di solito si fanno all'ultimo, e non erano stati completati gli elementi di decorazione, anche i gradini della base non erano stati scalpellati, spiega, tanto che oggi gli archeologi sono sicuri che il grande tempio fosse pienamente in uso quando nel 409 a.C. i Cartaginesi si impadronirono della città. "Probabile che fossero sopraggiunti semplicemente problemi economici al momento di provvedere alle decorazioni", ipotizza, "d'altra parte era da tempo chiaro che la costruzione dell'enorme tempio era andata avanti per decenni". Arrivati dal mare, i soldati di Annibale misero a ferro e fuoco la ricca colonia, ma non furono loro a ridurre in macerie i templi. A quello ci pensarono i terremoti, probabilmente in epoca medievale. E poi certo anche il trascorrere del tempo, visto che nel Settecento qualche colonna era ancora in piedi. Non molto lontano, si erge imponente il tempio E, ricostruito negli anni Cinquanta con largo uso di cemento armato. Mei sorride. Oggi, dice, nessuno considera più quella ricostruzione un esempio da seguire: "Allora si faceva così, ma dagli errori si impara".

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Fonte: ansa.it

Fotografie: web
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