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Scoperta per caso, Villa romana del Tellaro e i suoi mosaici, alle porte di Noto Empty Scoperta per caso, Villa romana del Tellaro e i suoi mosaici, alle porte di Noto

Gio 17 Nov 2022 - 19:44

Villa romana del Tellaro

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Nascosta tra la vegetazione del fiume Tellaro, a pochi chilometri da Pachino, dalla splendida Marzamemi e dalla barocca città di Noto, patrimonio Unesco, si trova un’antica Villa romana. Situata sotto una masseria del diciottesimo secolo, il complesso è stato riaperto al pubblico dopo un lungo intervento di recupero.
Nel 1971, in seguito a degli scavi clandestini sotto una masseria sette – ottocentesca abbandonata, fu identificata una villa romana, risalente al periodo tardo imperiale. La masseria fu costruita sovrapponendosi e in parte cancellando la vecchia struttura della villa, che secondo gli esperti venne distrutta da un incendio nel V secolo d.C. Gli scavi archeologici durati 20 anni per la difficoltà delle operazioni, hanno riportato alla luce un tesoro nascosto, quelle fondamenta, quelle mura, quei mosaici di un’abitazione, probabilmente risalente al periodo tardo imperiale. Un luogo abitato, chissà, da antiche famiglie del tempo, agiate, che amavano l’arte e che avevano desiderato arricchire le loro stanze con dei mosaici pieni di colori.

La struttura si localizza leggermente in superficie, ma sotto una fattoria (masseria) del Diciottesimo secolo, dove si trovano le decorazioni musive.
Al livello del suolo sono ancora visibili le fondamenta dell'antica villa romana, delle dimensioni stimate di circa 3000 mq e ancora oggi scavata solo parzialmente dagli archeologi. Su di esse si innestano i resti di un tipico palmento della tradizione contadina siciliana, che è stata preservato in quanto anch'esso testimonianza storica. La villa, databile alla fine del IV sec. d.C. è celebre soprattutto per i suoi mosaici.

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Il lungo e difficile lavoro d'esplorazione, durato 20 anni, permise di portare alla luce la parte centrale del complesso antico.

MOSAICO DEL PORTICO

Il portico che delimita a nord il cortile centrale è lungo 15,00 metri a largo metri 3,70. E’ pavimentato con un mosaico continuo, in cui le tessere colorate disegnano un autentico tappeto di corone di alloro che incorniciano medaglioni decorati da motivi geometrici. Altri medaglioni, di forma ottagonale con i lati concavi, riempiono gli spazi di risulta tra le corone di alloro, creando un motivo continuo dai colori brillanti, le cui variazioni cromatiche sono usate con estrema maestrìa: i passaggi tonali conferiscono infatti profondità, naturalezza e fluidità al disegno. Il mosaico, che a differenza degli altri, non è stato staccato e riposizionato dopo il restauro, sul lato occidentale conserva ancora delle chiazze di colore scuro: si tratta delle tracce dell’incendio che distrusse la villa intorno alla metà del V sec. d.C.. Anche le irregolarità che si possono notare sulla superficie del pavimento sono il frutto delle deformazioni che ques’ultimo ha subito, sia a seguito della pressione dovuta al crollo del tetto durante l’incendio, che per i terremoti che si sono verificati nel corso dei secoli.

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IL MOSAICO DI ETTORE

Del pavimento a mosaico si conserva solo l’angolo sud-ovest, perché il resto è stato distrutto dalla costruzione di un ambiente della masseria, demolito per liberare l’ala nord della villa romana. Una cornice con girali di foglie e fiori, tigre, leopardo e antilope, e una seconda cornice interna con festoni di foglie e fiori e maschere teatrali agli angoli, inquadrano la scena centrale del mosaico (emblema).
Le iscrizioni in greco indicano i personaggi. Da sinistra a destra sono rappresentati Ulisse, Achille (di cui si è conservata solo la parte superiore della testa), Diomede, la figura forse dell’araldo Ideo, mentre è perduta l’immagine del vecchio Priamo e dei troiani. Le figure sono disposte intorno ad una bilancia: sul piatto a sinistra è il vasellame in oro per il riscatto, sul piatto a destra è deposto il corpo di Ettore, di cui si scorgono solo i piedi. La presenza delle maschere teatrali agli angoli della cornice non è casuale: infatti la scena della pesatura del corpo non compare nell’Iliade di Omero, ed è probabile invece che fosse così rappresentata in teatro da Eschilo (nella tragedia perduta intitolata “I Frigi”). La scelta di una particolare versione del mito testimonia la raffinata cultura, ancora profondamente greca, dei proprietari della villa, come conferma pure l’uso del greco nelle iscrizioni con i nomi dei personaggi rappresentati

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IL MOSAICO DEI SATIRI E DELLE MENADI

La stanza centrale è la più piccola tra quelle del lato nord del portico. Il mosaico presenta agli angoli quattro grandi crateri da cui partono festoni di foglie, con fiori e frutti, che si uniscono ad arco sopra quattro riquadri rettangolari. In ogni riquadro sono rappresentati un Satiro e una Menade che danzano tenendo in mano strumenti musicali. L’immagine al centro (emblema) è andata perduta, ma è probabile che fosse raffigurato proprio il dio Dioniso, alla cui corte appartengono i Satiri e le Menadi. Sovrapposte ai festoni, in prossimità dei quattro angoli dell’emblema, sono rappresentate quattro maschere. Anche in questo caso va osservata la padronanza della tecnica del mosaico e il sapiente uso del colore nella realizzazione di scene vivaci ed immagini ricche di dettagli decorativi, pur nella simmetria dello schema decorativo.

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IL MOSAICO DELLA CACCIA

Il mosaico, come quello degli ambienti precedenti, è stato staccato, restaurato in laboratorio e riposizionato. E’ delimitato da una cornice con rappresentazione di uccelli acquatici alternati a svastiche. Al centro del mosaico è una figura femminile (interpretata come la personificazione dell’Africa), seduta su una roccia e circondata da alberi, intorno alla quale si svolgono le scene di una battuta di caccia. Va notata l’estrema vivacità delle azioni rappresentate e il realismo con cui sono rese: in alcune scene l’artista si è preoccupato di rendere l’effetto e i riflessi dell’acqua intorno alle gambe egli uomini e alle zampe degli animali in movimento mentre guadano il fiume; sulla sinistra ha rappresentato il terrore sul volto del cacciatore su cui la tigre sembra avere la meglio, mentre dall’alto un compagno arriva in soccorso impugnando la lancia. Nel registro inferiore, la concitazione delle scene superiori si calma nella rappresentazione del banchetto a conclusione delle fatiche della caccia, con i cavalli ormai legati agli alberi e le prede imbandite sul tavolo. Solo i servi continuano ad affaccendarsi intorno ai commensali, versando ad uno il vino, all’altro l’acqua per le mani, mentre altri sulla sinistra continuano a preparare altre pietanze. Il senso del movimento, il realismo, la grande libertà nella distribuzione delle scene, insieme all’uso sapiente del colore sono le caratteristica peculiari di questo straordinario mosaico.

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I saggi di scavo eseguiti all’esterno della masseria fanno ritenere che altri corpi della villa possano estendersi, oltre che a est, anche nella parte sud mentre dalla parte di ovest la destinazione dell’edificato poteva essere relativa a pertinenze della villa. Le operazioni di scavo, estremamente complesse a causa della sovrapposizione della masseria alla villa romana e soprattutto delle conseguenze di un disastroso incendio che in antico la distrusse, non hanno reso materiali mobili di dotazione della villa ed opere di decorazione e oggetti di uso comune. I frammenti di ceramiche, le anfore rinvenute in ambienti di deposito sul lato di nord-est e le monete rinvenute su pavimenti e nei livelli immediatamente al di sotto di essi, fanno fissare la cronologia della villa intorno alla metà del IV sec. d. C., data a cui riconduce anche l’esame stilistico dei mosaici.

La villa del Tellaro epicentro di un vasto latifondo con grandi risorse agricole, che, come quella scoperta a Patti Marina in provincia di Messina e con la più famosa di Piazza Armerina, vengono a trovarsi, come poli autosufficienti rispetto ai centri urbani, in punti strategici del territorio dell’isola e, perciò, di grande interesse non solo per l’importanza dei preziosi mosaici di cui erano dotati, ma soprattutto per il contributo che danno alla conoscenza dell’assetto socio-economico della Sicilia in età tardo-antica.

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Fonti: balarm.it, myturnaround.it, lanostraterra.org

Fotografie: web

Filmato YouTube di Erik Van Dyck
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