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Miti e leggende siciliane - 7^ parte: Morgana Empty Miti e leggende siciliane - 7^ parte: Morgana

Dom 4 Dic 2022 - 16:00

Miti e leggende siciliane - 7^ parte: Morgana

(ovvero i prodigi di una fata del Nord in Sicilia)



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Morgana in Sicilia? Incredibile, ma vero! La fata, sorella di re Artù, al pari di questi ha lasciato le brume del Nord per trasferirsi nella Trinacria. Certo, è un mito, una leggenda. Eppure la questione non si può liquidare così, con una scrollata di spalle e l’espressione scettica, tipica di chi vuol fa intendere che non beve baggianate.

Artù e Morgana



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Ma dietro la voce popolare che vuole Morgana in Sicilia non c’è solo fantasia. Al pari di quanto accade a proposito di re Artù, anche per la fata, sua sorella, l’arrivo nella Trinacria è dettato dalla presenza dei Normanni e, dopo la definitiva conquista dell’isola da parte di costoro, da quella degli uomini di cultura inglesi giunti in Sicilia.

i Normanni in Sicilia



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È opportuno, a tal proposito, ricordare che, negli anni di Guglielmo I e Guglielmo II, arcivescovi e dignitari inglesi ricoprivano alte cariche nella corte del re di Sicilia e che Margherita di Navarra, rimasta vedova di Guglielmo I, affidò l’educazione del figlio Guglielmo II, erede al trono, a celebri maestri di cultura e scienza, provenienti non solo da Cluny ma anche dalla Britannia. La leggenda, bisogna precisarlo, trova presupposto in alcuni fenomeni che si verificano sullo Stretto di Messina. Talvolta sembra di vedere un grande vascello di cristallo? Certo, nessuno lo può smentire. Ma statene certi, Morgana sta riposando a casa propria. Quello è solo un fenomeno di rifrazione ottica. Tanto basta a spiegare l’aspetto più appariscente del fenomeno detto, appunto, della “fata Morgana”.

Guglielmo I detto "il Malo" e Guglielmo II detto "il Buono



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Per quanto riguarda poi la leggenda, questa sembra talvolta intrecciarsi con la storia. Ecco perché è piacevole ricordarle, le leggende. Aiutano ad entrare nel regno delle favole ma anche in quello della storia. E già! Non dimentichiamo che Morgana è una strega capace di trastullarsi tra fantasia e storia. È buona, e quando ci mette lo zampino, finisce sempre bene. Proviamo a rivivere la sua magica epopea siciliana. Morgana, dopo aver condotto, a bordo del suo vascello di cristallo, suo fratello re Artù ai piedi dell’Etna, decide di restare in Sicilia. Trova dimora tra l’Etna e lo Stretto di Messina, in un luogo impervio, tanto inospitale da sconsigliare anche i più intraprendenti dal venirci ad abitare.

Camelot



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Sono ormai trascorsi più di mille anni e Morgana ancora ricorda Camelot, castelli e foreste incontaminate. Accade spesso che la fata si diverta a lusingare la gente con immagini ingannevoli. Si dice che Morgana esca dall’acqua con un cocchio tirato da sette cavalli, per quanto abbia anche un vascello d’argento. Quando questo accade, Morgana getta nell’acqua tre sassi e traccia dei segni nel cielo: allora il mare si gonfia fino a diventare una sfera di cristallo sulla quale appaiono immagini di uomini e di città. A tal proposito c’è anche la bella favola del conte Ruggero, nobile condottiero normanno artefice, poco dopo l’anno Mille, della liberazione della Sicilia dai Musulmani, che incontra Morgana. Lo scenario? È quello dell’Italia e della Sicilia intorno all’anno Mille. Il protagonista è lui, il conte Ruggero, che dopo avere attraversato la Penisola, si è fermato davanti allo Stretto di Messina. Dal mare gli sono giunti profumi intensi, musiche e lamenti.

il Conte Ruggero



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«Che accade laggiù, oltre il mare?», Ruggero si chiede. «Quest’isola, chiamata Sicilia, deve essere incantata». Quel grande condottiero non ha saputo riconoscere quel profumo, è quello della zagara, il fiore degli agrumi, candido ed inebriante. Laggiù ci sono i Musulmani che ne hanno importato la coltivazione dalle loro terre. «E la musica? Questa nenia accompagnata da pianti, gemiti e da uno strisciar di catene?». «hai sentito bene, mio signore», gli risponde un marinaio calabrese al quale capita spesso di avvicinarsi in barca alla costa siciliana. «Arrivano fin qui», gli spiega, «il clamore delle danze festose degli Arabi ed i lamenti di siciliani in catene, diventati loro schiavi».
Il conte Ruggero vorrebbe fare qualche cosa, superare quel braccio di mare, entrare nella terra dai profumi ammalianti, restituire la libertà, lui che ha un gran cuore, alla gente incatenata. «Non mi è possibile!». Seduto in riva al mare, Ruggero medita una conquista impossibile; non dispone infatti di navi per traghettare l’esercito oltre lo Stretto. «Se qualcuno dal cielo venisse ad aiutarmi». Ruggero leva gli occhi verso il cielo per supplicare il miracolo, quando gli appare una visione.

Morgana come appare al Conte Ruggero



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Sul mare c’è una donna bellissima, evanescente. È una fata. «Sono Morgana, sorella di re Artù», gli dice, «ho lasciato il mio palazzo in fondo al mare, per venire da te, mossa a compassione dal tuo irrealizzabile desiderio di conquistare l’isola che ti sta di fronte».
«Tu che puoi fare per me?», chiede Ruggero. «Io sono un condottiero timorato di Dio». Il maliardo sorriso compiaciuto di quella gli penetra nel cuore per prepararlo alla risposta: «Semplice, è sufficiente che tu balzi sul mio cocchio. Ed io ti porterò sulla sponda opposta».

Morgana appronta il suo cocchio per il Conte Ruggero



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Ruggero osserva il cocchio, bellissimo, di cristallo, azzurro come il mare, pieno di riflessi come un brillante. «È proprio il calesse di una fata!», esclama ammirato. «Può essere anche tuo, se lo vorrai!», quella si affretta a rispondere. La tentazione è troppo forte, ma l’anima del condottiero normanno è impenetrabile come la corazza che indossa in battaglia. Risponde con fierezza: «Grazie, non posso! In Sicilia ci arriverò, quando Dio vorrà, con i miei uomini armati e le navi, non certo a bordo di un cocchio, per quanto meraviglioso, guidato da te che sei una delle più belle donne da me incontrate!». Lei lo osserva compiaciuta. Forse soffre di malinconia, sempre sola com’è, chiusa nello splendido castello in fondo al mare. Morgana, dunque, vuol cogliere l’occasione per ingraziarsi il fiero condottiero che gli sta di fronte. E quale miglior modo se non quello di fargli ottenere ciò che desidera, vale a dire la Sicilia? Così torna ad invitarlo: «vieni sul mio cocchio fatato! Ti regalerò la Sicilia e la felicità». Il guerriero, tuttavia, si mostra restio. Ed allora Morgana che fa? Ciò che qualsiasi altra maga, decisa a perseguire un fine, avrebbe fatto. Ricorre al consueto sortilegio. «Puoi rifiutare il mio invito di salire sulla carrozza», gli dice, «ma non potrai certamente perdere l’occasione che sto per offrirti».
La fata tiene in mano, dunque, la bacchetta magica e l’agita tre volte in aria. Poi si abbassa per prendere tre sassolini dalla spiaggia e li lancia in mare. Ecco che accade un miracolo: la Sicilia, improvvisamente, si avvicina. Adesso è qui, di fronte al conte Ruggero. Basterebbe allungare la mano per prendere i frutti dorati, che sono chiamate arance. Vede i Musulmani vestiti con i turbanti che agitano le spade ricurve per minacciare gli schiavi siciliani. Eccoli, sono proprio loro, in catene. Prima ne ha potuto sentire solo i lamenti, ma adesso sono proprio lì, davanti a lui. Gli può bastare poco, solo un salto, per passare in Sicilia. Non ha più bisogno delle navi per portare l’esercito verso quella nuova conquista, eppure tentenna.

Morgana nei pressi della sua dimora



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Il conte Ruggero non si lascia incantare. «No, torna pure nel tuo palazzo, giù negli abissi», le dice il fiero condottiero. «Presto o tardi, metterò piede in Sicilia. Questo accadrà per grazia di Cristo, e non per le maliarde arti di una fata». Non passerà troppo tempo, il Signore del Mare e del Cielo esaudirà la sua preghiera di riportare la luce della Croce sulla Sicilia.
Le incredibili apparizioni della fata Morgana non abbandoneranno, in ogni caso, i siciliani ancora per molti secoli. Merita di essere citata quella di padre Ignazio Angelucci, che ha lasciato scritto di avere assistito ad uno dei prodigi che solo Morgana riesce a compiere.
Riviviamolo.
È il giorno della Madonna Assunta, nell’anno 1643, quando il religioso, affacciato alla finestra, nota che il mare si sta gonfiando. «Ma subito dopo diventa di cristallo», riferisce a parenti ed amici che lo ascoltano stupiti, «e su questa “piazza di cristallo” si riflettevano immagini di città bellissime, pilastri, arcate, castelli e si trasformavano in una fuga di balconi e finestre, a loro volta pronte a trasformarsi in boschi, pini, cipressi ed anfiteatri dove tenere sontuosi spettacoli».
Padre Ignazio dice, poi, di avere sentito parlare del fenomeno, ma non ci aveva creduto; dopo averlo osservato con i propri occhi può però affermare che era più stupefacente di quanto si potesse immaginare. Si tratta di una leggenda, ma certamente ha un fondamento di verità, come sempre accade con i racconti fantastici.

la città di Messina ai tempi della dominazione normanna



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In questo caso si tratta di un insolito e spettacolare effetto di rifrazioni che si verificano nello Stretto di Messina in particolari condizioni atmosferiche. La presenza inglese in Sicilia è testimoniata anche da un episodio che riguarda Riccardo Cuor di Leone. Chi non conosce il fiero carattere di questo re e le sue imprese da capo dei crociati per liberare i territori della Terra Santa? Pochi, tuttavia, conoscono le vicende che lo trattennero in Sicilia, distogliendolo per qualche tempo dall’impegno che si era assunto contro gli infedeli che occupavano i luoghi sacri alla memoria di Cristo.
Il teatro di questo episodio è Messina, la cui collocazione geografica ne ha fatto la città-ponte per il passaggio non solo degli uomini ma anche delle loro culture, tradizioni e miti dalla civiltà del Mediterraneo a quella del vecchio Continente.

Riccardo I d'Inghilterra, detto "il Cuor di Leone"



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Re Riccardo giunge in Sicilia intorno all’anno 1190. L’isola sarà per lui e gli altri guerrieri, che combatteranno la Terza Crociata, la base di partenza per raggiungere, via mare, la Terra Santa.
Il clima è bello, salubre, e Riccardo Cuor di Leone è ammaliato dai giardini fioriti e profumati. E poi in Sicilia si trattiene volentieri, anche perché ha qualche conto in sospeso da regolare. In particolare ne ha uno con re Tancredi, che si è appropriato della dote di sua sorella Giovanna, moglie di re Guglielmo il Buono, morto senza eredi due anni prima.

Re Tancredi di Sicilia



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Riccardo tenta l’approccio con le buone maniere. Sentendosi santificato dall’impegno per la liberazione della Terra Santa, non gli va di attaccar briga con le armi in pugno. Ma Tancredi nicchia e lui, volente o nolente, è costretto ad usare le armi.
Forse Riccardo avrebbe avuto partita vinta se Tancredi, che gode della simpatia della popolazione, non le avesse chiesto di cacciarlo dalla città. Ma lui, fiero qual è sempre stato, non sopporta l’umiliazione. E ordina ai suoi uomini di cingere d’assedio Messina. Sarebbe finita male se da parte del re di Francia non fosse arrivato un segnale: «Amici, siamo qui per combattere gli infedeli, e non per guerreggiare tra noi», ma questa è un’altra storia.




(fonte: Sicilia segreta e Misteriosa - Salvatore Spoto)
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