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Ven 30 Dic 2022 - 16:22

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Le Madonie o Madonìa (in siciliano Li Marunìi) sono una breve dorsale montuosa posta nella parte settentrionale della Sicilia, interamente compresa nella città metropolitana di Palermo. Si trovano ad ovest dei Monti Nebrodi e dei monti Peloritani. Questi ultimi sono compresi nella città metropolitana di Messina. Questi tre gruppi montuosi formano l'appennino siculo. Il gruppo è costituito, nella sua parte centrale, da un altopiano carsico che comprende le vette più alte della Sicilia dopo l'Etna.

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L’articolato sistema montuoso delle Madonie è compreso tra la valle del fiume Pollina ad est, la valle dell’Imera settentrionale ad ovest, tra Campofelice di Roccella e Pollina a nord e le conce degradanti dell’altopiano gessoso-solfifero a sud. Il versante settentrionale delle Madonie, solcato da profondi valloni, precipita con aspre e possenti pareti verso il mare, mentre a sud il sistema collinare argilloso delle valli di Gangi, delle Petralie e di Polizzi Generosa, raccorda dolcemente il complesso montuoso con l’altopiano gessoso-solfifero che si apre verso il territorio Nisseno.
Il complesso madonita annovera le vette più alte dell’Isola, ad eccezione dell’Etna, alcune delle quali, come Pizzo Carbonara (1979m s.l.m.), Pizzo Antenna grande (1977m s.l.m.), Monte San Salvatore (1912m s.l.m.), sfiorano i 2000 metri d’altezza e sono anche le più antiche conosciute in Sicilia: sono cioè le prime terre emerse che, oggi, ciappaiono come il risultato di milioni di anni di sconvolgimenti naturali.

La copertura vegetale naturale, che rappresenta uno degli aspetti più considerevoli del sistema orografico madonita, è particolarmente ricca e varia, sovente di notevolissimo interesse: in questo 2% della superficie siciliana cresce oltre la metà delle specie di flora evoluta. La fauna presenta ancora una notevole varietà di animali, alcuni dei quali, peraltro, appartenenti a rare specie delle fauna italiana o europea: le Madonie da sole ospitano ad esempio il 70% degli uccelli, il 60% degli invertebrati e tutte le specie di mammiferi presenti in Sicilia.
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Ven 30 Dic 2022 - 16:26

Sentiero Pizzo Carbonara

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Lunghezza del percorso: 5 Km e 682 metri
Tempo di andata: 4 Ore
Tempo di ritorno: 3 Ore
Altitudine punto di partenza: 1615 m/slm
Altitudine punto di arrivo: 1630 m/slm
Stagioni consigliate: Primavera | Estate | Autunno
Difficoltà: EE

Si tratta dell'ascensione alla seconda vetta più alta della Sicilia, dopo l'Etna infatti è Pizzo Carbonara ad avere la quota più alta a 1979 metri sul livello del mare. Si tratta di un percorso piuttosto impegnativo e da affrontare solo in condizioni di ottima visibilità poichè non sempre i sentieri sono ben visibili. Dalla cima del Pizzo Carbonara si può godere della vista incomparabile di quasi tutta l'Isola e di un incredibile paesaggio carsico, quasi lunare, di queste aspre montagne segnate dall'alternarsi di pascoli altomontani di Basilisco e doline colonizzate da nuclei di faggeta e rari endemismi come la Viola dei Nebrodi, esclusiva di questi luoghi, l'effimera Viola Piccinina, il Lino di montagna, l'Alisso dei Nebrodi, l'Euforbia di Gasparrini. Aggirando da est ad ovest il Pizzo Antenna, si giunge a Piano della Principessa, cosparso da doline e verdeggianti gradoni, da dove, piegando a sinistra e lamendo Pizzo Palermo a 1964 metri s.l.m. si procede sino in cima a Pizzo Carbonara, tra i Faggi della ex "Riserva Faggeta Madonia" dove sono presenti, oltre ad esemplari di grande sviluppo e bellezza, una serie inimmaginabile di doline. In questo luogo è rilavante anche l'aspetto faunistico, potendovi riscontrare una notevole quantità di avifauna nidificante e numerose presenze entomologiche endemiche.

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Fonti: cefalumadoniehimera.it

Web
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Ven 30 Dic 2022 - 16:33

MTB1 - Percorso Piano Battaglia

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Iniziamo presentando Piano Battaglia

Nel cuore del Parco delle Madonie, tra Polizzi Generosa, Petralia Sottana ed Isnello, ad un'altitudine di circa 1600 metri sul livello del mare si trova l'unica stazione sciistica con tre impianti di risalita e piste di discesa della Sicilia occidentale: Piano Battaglia.
Nei luoghi in cui nell'XI secolo d.C. si infiammo la cruenta battaglia tra Musulmani e Normanni adesso sorgono alcune strutture ricettive, numerose ville e baite nonchè skilift e piste per lo sci. Piano Battaglia, incastonata tra il complesso montuoso di Pizzo Carbonara (1979 m s.l.m.) e Monte Mufara (1865 m s.l.m.), è una località di villeggiatura estiva ed invernale e sede degli unici impianti di risalita della Sicilia Occidentale.

Quindi, mentre in inverno si scia, d'estate la zona si presta alle escursioni ed alle mountain-bike. Qui la proposta di un percorso per queste ultime

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Lunghezza del percorso: 21 Km
Tempo di andata: 8 Ore
Stagioni consigliate: Primavera | Estate | Autunno
Difficoltà: E


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Dall'area Attrezzata di Piano Zucchi, 8 km in asfalto portano a Piano Battaglia: lungo questa strada è possibile osservare un laghetto in cui a volte i gabbiani salgono dal mare per ristorarsi, e 1 km dopo è presente una fontana con acqua di sorgente. Il dislivello raggiunge più di 600mt. Si prosegue sulla SP 119 passando per Battaglietta, area carsica ricca di doline, e si giunge sopra Piano Battaglia. Attraverso un sentiero off-road si giunge su una terrazza naturale da cui è possibile ammirare Etna e le Eolie quando non c'è foschia. Con una discesa un po' impegnativa si entra dentro Piano Battaglia, zona di pascolo durante l'estate, e ci si avvia al Sentiero Geologico, che dopo un sentiero battuto sfida i calcari dell'Anfiteatro Quacella, tra le rocce, con un percorso di massima difficoltà per 300mt. Da qui il sentiero porta nuovamente sulla strada asfaltata e si ritorna a Piano Zucchi.

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Fonti: cefalumadoniehimera.it
guidasicilia.it

Fitografie: web

YouTube: Sicilia nascosta
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Ven 30 Dic 2022 - 16:48

Sentiero Battaglietta - Piano Sempria

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Lunghezza del percorso: 7 Km e 937 metri
Tempo di andata: 5 Ore
Tempo di ritorno: 4 Ore
Altitudine punto di partenza: 1630 m/slm
Altitudine punto di arrivo: 1250 m/slm
Stagioni consigliate: Primavera | Estate | Autunno
Difficoltà: E

Dalla circonvallazione di Piano Battaglia, in località Battaglietta q. 1630 m., dove finisce l'area di parcheggio, dal centro della curva parte il sentiero n°1. S'imbocca una pista sterrata che attraversa in leggera salita tutta la grande dolina della Battaglietta e dalla quale, con una breve deviazione, è possibile vedere l'inghiottitoio, in dialetto madonita "zubbiu".

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Alla fine della dolina la pista comincia a salire con una serie di tornanti, arriva ad una selletta poco prima dell'ingresso nella faggeta e giunge ad un bivio. A destra si va ai sentieri per Monte Ferro e per il Vallone di Zottafonda, si procede a sinistra e dopo un breve tratto allo scoperto si rientra nella faggeta: qui a destra è visibile un esemplare secolare di acero molto bello.

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Il sentiero procede in continua salita tra i faggi, piccole radure e piccole doline e giunge all'imbocco di Valle Chiusa. Man mano che si sale di quota si incontrano Lecci imponenti, Castagni giganteschi, Cerri svettanti, maestose Rovere e, nel sottobosco, Cisti e Ginestre, Eriche e Felci, Pungitopo e Agrifogli. Immersi in questo magnifico ambiente si procede sino a giungere in una verdeggiante radura dominata da Querce di dimensioni considerevoli, numerosi Aceri e Faggi: Piano Sempria (1310 metri s.l.m.) con il vicino Rifugio Crispi, di proprietà del Club Alpino Siciliano.

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Fonte: cefalumadoniehimera.it

Fotografie: web
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Ven 30 Dic 2022 - 17:00

La grotta Grattara di Gratteri

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Gratteri e la sua grotta



Secondo le antiche descrizioni Gratteri prenderebbe il nome da alcuni crateri di rocce calcaree presenti nel suo territorio come quello della Grotta Grattàra. Si tratta di balzi e dirupi fortemente segnati da fenomeni di origine carsica che hanno dato luogo sia a forme epigee (polje, doline, inghiottitoi) che ipogee (abisso Ciacca, pozzo Puraccia, grotta dei Panni, grotta Cula, grotta Fonda, grotta Stefàna, grotta Grattàra), rilevanti dal punto di vista geologico e speleologico.

Verosimilmente, infatti, la fonte della piazza, chiamata della Ninfa, si potrebbe ricollegare per somiglianza e significato a quella della Grotta Grattàra, formata nei millenni dal perenne stillicidio di acque considerate purgative e ristoratrici e da cui probabilmente il paese prenderebbe il nome: “oppidum a Cratere ob perennem stillantem aquam celebri dictum” (R. Pirri, op. cit., Vol.II, p. 829, Palermo 1644).

La Grotta Grattàra è parte integrante della storia e del folklore del luogo, perché essa nella leggenda è la sede della Befana (“a Vecchia Strina”), protagonista di un’antichissima fiaba. Come vuole la leggenda, infatti, in quella fiabesca spelonca, risiederebbe solitaria una arcigna donnina custode della grotta, che nell’ultima notte dell’anno, evanescente ed invisibile, scendeva dai comignoli nelle case dei gratteresi a riempire le calze di doni ai più piccoli.

Questo antico racconto risulterebbe di significativo interesse antropologico poiché si ricollegherebbe allo scambio rituale dei doni, alle maschere e a riti di passaggio durante il periodo invernale per rifondare il ciclo dell’anno e con esso la vita stessa della comunità.

La presenza leggendaria di una entità femminile, custode di una grotta, e di una fonte di acqua rigeneratrice, rimanderebbero infatti all’orizzonte simbolico di un mito millenario che si potrebbe ricollegare ad un primordiale luogo di culto indigeno di divinità ctonie che, secondo i popoli antichi, venivano rappresentate da Ninfe che incarnavano lo spirito del luogo: il “Genius Loci”.
Esiste infatti una storia popolare, quella di una vergine del luogo lasciatasi morire per essere stata rappresentata nuda nella pietra. Si dice infatti, che tale fontana in passato fosse sormontata da una Ninfa, una statua di una donna completamente nuda che facesse zampillare l’acqua dalle mammelle.

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Percorso
Distanza: 8 km
Dislivello: +600 mt
Difficoltà: E – sentiero e strada sterrata.

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Situata a circa 300 m. dall’abitato di Gratteri, proprio alle estreme falde del Pizzo di Pilo, ad oltre 1000 metri d’altitudine, da dove è possibile godere di
un paesaggio panoramicamente indescrivibile, sorge l’incantevole grotta, denominata “Grattara”.
Il Passafiume a tal proposito scrive “… che c’è un cratere di pietra, posto al centro della grotta foggiata con splendida arte naturale; questo masso ha nella parte interna una conca di sedici piedi di altezza e dieci di larghezza, la cui sommità è vuota come un cratere formato dallo stillicidio perenne delle acque”.
L’accesso alla fonte è costituito da una piccola gradinata naturale costruita dai piedi dell’uomo nel corso dei millenni.
Nelle anfrattuosità dei suoi cornicioni esterni, peraltro inaccessibili, in cui crescono spontanei l’elce e il pistacchio selvatico, nidificano a migliaia le rondini, che con il loro garrulo verso, rendono maggiormente deliziosa la sosta di colui che visita l’altro in primavera.
Nei mesi invernali, le pecore che pascolano in quei dintorni, vi trovano spesso rifugio, specialmente quando tira la tramontana, mentre d’estate offre da bere agli stormi di colombi che in quelle rupi v’annidano.

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Vi s’accede dal pianoro di San Nicola per un sentiero sinuoso, ma abbastanza praticabile che si snoda a serpentina in mezzo ad una lussureggiante pineta, fino al piccolo massiccio denominato “lazzu di vuoi” (giaciglio dei buoi) e di lì per un piccolo tratto pianeggiante s’arriva alla grotta.

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La grotta Grattara è parte integrante della storia e del folklore, perché essa nella leggenda è la sede della Befana (“a vecchia strina”), protagonista di un’antichissima fiaba, la quale racconta che la Befana aveva il suo ricettacolo proprio in questa grotta e che nell’ultima notte dell’anno, evanescente ed invisibile, scendeva dai comignoli nelle case dei gratteresi a riempirsi le calze di doni.

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Fonti: parcodellemadonie, visitcefalu.com, amp.giudasicilia.it

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Ven 30 Dic 2022 - 17:13

Le Gole di Tiberio

dove il lento lavorio dell'acqua ha inciso la roccia


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Incastonate nel fondo di una valle boscosa e silenziosa, le Gole di Tiberio sono uno degli angoli più belli e nascosti del Parco delle Madonie. Chiamate anche “U’ Miricu”, per via di una leggenda legata alla capacità di questo punto di inghiottire tutto quello che si trova nel letto del fiume e trasportarlo a mare, le gole sono il frutto del lavorio millenario delle acque del Fiume Pollina, che ha scavato uno spettacolare canyon.

Il contesto naturale è eccezionale: non c’è traccia dell’uomo in questa valle, fatta eccezione per le Case Marcatagliastro, arroccate a mezzacosta sulla sinistra idrografica del fiume e ormai ben inserite nella lussureggiante vegetazione, qui composta da essenze tipiche della macchia mediterranea come il leccio, l’olivastro, il lentisco, l’euforbia, il mirto, l’origano.

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Il letto del fiume è costellato da una miriade di oleandri selvatici ed è dominato dalla presenza di blocchi calcarei lisciviati dal lavorio dell’acqua con i suoi sedimenti.

A monte, l’ingresso alle gole è caratterizzato da spettacolari pareti subverticali di calcari grigiastri. Qui un occhio attento potrà notare la presenza di numerosi fossili calcificati nella roccia; si tratta di rudiste, antichi molluschi che vivevano in piattaforme carbonatiche sottomarine simili alle attuali barriere coralline.

Queste rocce infatti sono depositi carbonatici di scogliere bio-costruite, che dovevano essere presenti nell’attuale basso Tirreno circa 150-200 milioni di anni fa e che successivamente sono state fratturate, sollevate e spostate nell’attuale posizione da movimenti tettonici più recenti.

Superati i primi contrafforti rocciosi, il fiume, che qui assume un colore verde smeraldo fuori dal comune, si insinua nella roccia per circa 300 metri di lunghezza, bordato da pareti verticali alte fino a 50 metri. In questo ambiente incontaminato, dominato dallo scorrere placido delle acque, le pareti di calcare si chiudono verso l’alto quasi a toccarsi; nel punto più stretto, un gigantesco masso incagliato fa da ponte tra le altissime sponde.

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È il cosiddetto “masso dei briganti”, un passaggio naturale utilizzato, secondo la tradizione, da ladroni che abitavano le grotte della valle e che qui avrebbero nascosto un leggendario tesoro. Si racconta che il masso sospeso venisse utilizzato dai briganti che dovevano attraversare il fiume Pollina durante i mesi di piena, per spostarsi facilmente dal territorio di San Mauro Castelverde a quello di Castelbuono e ancora che in una delle grotte che si aprono tra le gole si nasconde il tesoro dei briganti maurini. Secondo una leggenda le acque delle gole sarebbero collegate direttamente con il mare ed infatti tutto ciò che viene trasportato dal fiume fin qui dentro viene inghiottito salvo poi ritrovarlo in mare. Altra leggenda vuole che tra le alti pareti delle Gole di Tiberio di tanto in tanto si materializzi un temibile e orrendo mostro che emette paurosi suoni e inghiotte interi animali anche di grosse dimensioni come mucche e pecore.
Spelonche e cavità si aprono dunque tra le alte pareti, dando rifugio a centinaia di specie diverse di uccelli tra cui l’Aquila reale.

Superato questo passaggio, il fiume si apre in un luminoso ed ampio bacino dove è presente anche una spiaggetta. Sono le “piccole Gole”, l’accesso probabilmente più frequentato ma non meno d'effetto. Qui è possibile praticare il naturismo e ammirare un’opera post-concettuale dell’artista americano Robert Pruitt realizzata nel 2005.

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GRADO DI DIFFICOLTÀ: facile
DURATA: circa 2 ore e 30 minuti
ABBIGLIAMENTO: da trekking e, inoltre, costume, t-shirt, sandali, cappellino, asciugamano, crema solare.

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Una valle dalla bellezza primordiale dove regnano i suoni della natura: lo scroscio dell'acqua che scorre tra i massi levigati, il canto melodioso di diversi passeriformi, il volo improvviso e tumultuoso degli uccelli allarmati dalla presenza dell'uomo, il fruscio delle fronde degli arbusti mossi da una leggera brezza che si incunea tra le gole.
Un ambiente selvaggio consigliato a quanti amano la natura incontaminata e hanno voglia di trascorrere qualche ora o un'intera giornata lontani dal caos dei grandi centri abitati.

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Arrivarci non è per niente difficile. Basta raggiungere il km 1,1 della SP 60 che dal bivio di Borrello (frazione di San Mauro Castelverde) sale verso Gangi, e prendere la strada, inizialmente asfaltata, che scende verso valle. Dopo circa 500 metri si raggiungono le Case Tiberio quindi si procede lungo una stradina in terra battuta e a tratti selciata, che muovendo tra secolari ulivi e macchia mediterranea conduce, dopo altri 500 metri circa, all'imbocco di un sentiero realizzato in anni recenti e ben segnalato da un cartello. Più di 400 gradini, in forte pendenza, catapultano, è il caso di dire, sul letto del fiume, a poche decine di metri dall'ingresso alle gole. Ciò che può preoccupare, e che deve far riflettere chi non è abituato a questo tipo di attività, è quindi il ritorno, tutto in salita e molto duro, soprattutto durante le ore più calde e nei giorni più afosi.
Una volta raggiunto il greto del fiume, in quei periodi in cui la potata d'acqua è minima ci si può avventurare verso le gole. Si deve camminare, meglio con l'ausilio di scarpe da scoglio, per poche decine di metri in mezzo all'acqua e tra pietre scivolose, quindi fare molta attenzione. Con un canotto poi attraversare le gole alla fine di cui si trova una piccola spiaggetta, un bel posto per una piacevole e rilassante sosta. Procedendo ancora lungo il corso del fiume dopo circa 300 metri si raggiungono le piccole gole dove, per chi vuole, si possono fare altri piacevoli bagni.

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Le gole sono da anni meta di un turismo sostenibile, costituito da visitatori, studiosi di scienze naturali e amanti degli sport fluviali. Il fiume infatti è navigabile nei mesi primaverili ed estivi, quando è anche possibile fare il bagno. Una valida alternativa alle spiagge affollate e assolate.
Per ulteriori notizie e filmati cliccare qui

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Fonti: Balarm.it, aspassoperlasicilia, lescursionismo.it

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Ven 30 Dic 2022 - 18:15

Pomieri - Vallone degli Angeli - Pomieri

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Lunghezza del percorso: 3 Km e 572 metri
Tempo di andata: 3 Ore
Tempo di ritorno: 2 Ore
Altitudine punto di partenza: 1647 m/slm
Altitudine punto di arrivo: 1344 m/slm
Stagioni consigliate: Primavera | Estate | Autunno
Difficoltà: E

Il percorso inizia in contrada Pomieri, poco dopo il termine del sentiero dei monumenti della Natura, proseguendo verso le Case di Passo Canale e salendo verso il sentiero 557 per Piano Iola si costeggiano le pendici di Monte Daino sulla destra. Raggiunto poi il Piano Iola si imbocca il sentiero 557 che porta a Monte Scalone da cui si ha una vista panoramica di tutto il Vallone di Madonna degli Angeli a nord ed il Santuario di Madonna dell'Alto e Monte Cavallo ad est. Da questo punto si può proseguire sul sentiero Natura 2 degli Abies nebrodensis oppure tornare indietro per lo stesso sentiero appena percorso, raggiungendo nuovamente Pomieri.


SENTIERO DEGLI ABIES NEBRODENSIS

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Per raggiungere l’area in piena zona “A” del Parco delle Madonie, bisogna prendere la SP 119 che da Polizzi sale verso Piano Battaglia e seguirla sino al km 8.3 da dove si diparte una strada sterrata chiusa al transito degli autoveicoli da un cancello, superato il cancello della forestale tramite passaggi pedonali laterali, si consiglia di tralasciare il sentiero sulla destra e seguire la piacevole strada sterrata. In breve si esce dal bosco di conifere e si gode della spettacolare vista verso le Serre di Quacella, definite dal botanico Lojacono Pojero “Alpi Siciliane”.

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Continuando il sentiero si incontrono piante rare ed endemiche (astragalo dei Nebrodi, lino di montagna, lino delle fate siciliano, stregonia di Sicilia, saponaria sicula, campanula graminifolia di Sicilia, giaggiolo nano siciliano), si arriva in un bel punto panoramico che si apre verso gran parte della Sicilia.Nel Vallone Madonna degli Angeli, convivono il leccio e il faggio e, raggiunta una curva a gomito, si lascia la sterrata e si prende il sentiero 16b sulla destra. In breve si raggiunge il primo esemplare di Abies nebrodensis nascosto da alberi di leccio.Seguendo la traccia del sentiero e tralasciando la deviazione per Sanguisughe sulla destra, si incontrano altri spettacolari esemplari di abeti, alcuni al centro di vaste pietraie. Superato un bosco artificiale si imbocca una strada in terra battuta che attraversa un’area aperta dove in estate non è raro ammirare il bel parnassio apollo di Sicilia, farfalla endemica.

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Iniziando a scendere si raggiunge un bivio dove si lascia la strada sulla destra, che raggiunge Monte San Salvatore e il Santuario di Madonna dell’Alto, e si svolta a sinistra. In breve si arriva ad un abbeveratoio, dove scorre sempre dell’acqua freschissima, e alla Casa Prato. Continuando a scendere si arriva all’innesto del sentiero 16b. Da qui si procede a ritroso sulla sterrata già percorsa in salita fino a raggiungere la SP119

E ora parliamo nello specifico dell'abiens nebrodensis, interessante endemismo e porta bandiera arboricolo della Sicilia.

Abiens nebrodensis

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L’unica specie di abete mediterraneo presente allo stato spontaneo in Italia è l’Abete dei Nebrodi o Abies nebrodensis che, vive nel Parco delle Madonie .
In passato la specie ricopriva con molti boschi tutte le montagne siciliane, ma l’intenso sfruttamento e le mutate condizioni ambientali ne hanno determinato una rapida scomparsa.
La specie differisce dall’abete bianco per le dimensioni più contenute delle piante adulte che arrivano ad un’altezza massima di 15 metri; il tronco è tozzo e la chioma è più espansa, l’impalcatura dei rami, è a croce e a questa caratteristica si rifà il nome siciliano della specie che è nota come “arvuli cruci cruci” o “arvulu caccia diavuli”.

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Questo abete era ancora abbastanza diffuso in Sicilia alla fine del ‘700, anche se dopo questa data se ne persero completamente le tracce tanto da essere considerato estinto alla fine del secolo scorso. Tuttavia nel 1958 Messeri, della facoltà di Scienze Naturali di Palermo, ritenne di avere individuato un esemplare di Abies nebrodensis in una pianta di grandi dimensioni presente all’interno di un giardino privato a Polizzi Generosa, nel Parco delle Madonie e in località “Vallone Madonna degli Angeli” sulle pendici di Monte Scalone, furono scoperti altri 25 esemplari di abete di differente età che furono accuratamente numerati, censiti e recintati .Per proteggere i pochi esemplari superstiti di questa antica specie mediterranea, nel 1984 la Regione Sicilia ha istituito una riserva Naturale a tutela dell’abete e dei numerosi endemismi che caratterizzano la zona ed avviato una serie di progetti di protezione.

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Ancora oggi l’Abete dei Nebrodi continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.
Nel dicembre 2018, a seguito di una votazione coordinata dal professore Lorenzo Peruzzi, docente di botanica presso l’Università degli Studi di Pisa, l’abete delle Madonie è stato scelto quale pianta simbolo della Sicilia

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Ven 30 Dic 2022 - 18:26

Sentiero Nociazzi - Madonna dell'Alto - Monte San Salvatore

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Lunghezza del percorso: 5 Km e 187 metri
Tempo di andata: 3 Ore
Tempo di ritorno: 2 Ore
Altitudine punto di partenza: 1070 m/slm
Altitudine punto di arrivo: 1691 m/slm
Stagioni consigliate: Primavera/Estate/Autunno
Difficoltà: E

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Questa magnifica, seppur impegnativa, escursione inizia dalla borgata di Nociazzi, nei pressi di Castellana Sicula. Proseguendo oltre la borgata per poche centinaia di metri, si incontra la carreggiabile per il Santuario sulla destra.

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Inerpicandosi lungo le pendici del Pomo e guadagnando subito quota, la pista offre ampi squarci sulla sottostante valle del fiume Imera Meridionale, alternandosi a tratti immersi nella vegetazione mediterranea. Si prosegue in ripida salita tra le Rocche del Pomo (1469 metri s.l.m.) a sinistra e Rocca Vaccaro (1428 metri s.l.m.) a destra. La vegetazione si dirada ma offre sui versanti riparati i primi Faggi, l'Euforbia, le Ginestre, i Perastri e le Orchidee.

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Superati i 1200 metri di altezza si possono incontrare i primi pulvini di Astragalo. Superate le pendici meridionali di Monte Alto, ove sorge il Santuario, si raggiunge una radura verdeggiante: di fronte si trova il Monte San Salvatore, sulla sinitra il sentiero che discende verso il Vallone Madonna degli Angeli e sulla destra il sentiero che porta al Santuario di Madonna dell'Alto a ben 1819 metri sul livello del mare. Raggiunto l'edificio sacro del quindicesimo secolo, si potrà godere della vastità del paesaggio che si apre a 360 gradi, in un susseguirsi di valli, colline, fiumi e monti. Si potrà vedere in lontananza l'Etna, la Valle dell'Imera, le vette più alte dell'agrigentino e gli aspri rilievi che strapiombano proprio di fronte al Santuario.

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Ven 30 Dic 2022 - 18:37

Deviazione SI per la salvaguardia della nidificazione dell'Aquila reale

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Lunghezza del percorso: 5 Km e 99 metri
Tempo di andata: 4 Ore
Tempo di ritorno: 2 Ore
Altitudine punto di partenza: 1091 m/slm
Altitudine punto di arrivo: 1318 m/slm
Stagioni consigliate: Primavera/Estate
Difficoltà: E

Questo sentiero è una variante del Sentiero Italia da utilizzare nel periodo che va da Maggio a Ottobre per preservare i luoghi di nidificazione dell'aquila reale che si trovano lungo il tratto del S.I. che va da Scillato a Casa di Mastro Peppino.

Il sentiero si snoda tra le alte vette delle Madonie centrali, partendo dall'incrocio tra la SP54 e la SP119 (Portella Colla) e serpeggiando fra Cozzo Piombino (1613 metri s.l.m.), Pizzo Colla (1676 metri s.l.m.), Pizzo Antenna (1696 metri s.l.m.), Monte dei Cervi (1792 metri s.l.m.) per poi proseguire verso nord al Rifugio Luigi Orestano di Piano Zucchi.

Questo sentiero per larga parte si sovrappone al sentiero: 561 - Sentiero Portella Colla - Case Disiceddi (Piano Cervi)

Il sentiero sale percorrendo Piano Cervi, un'ampia depressione fluvio-carsica aperta, al cui centro si è creato un piccolo laghetto generato dal disgelo delle nevi. Proseguendo si gode della vista del Monte dei Cervi fino a raggiungere Casa di Mastro Peppino.

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Qui il sentiero si biforca. Proseguendo per il Sentiero Italia ci si addentra nel Vallone Nipitalva con un tratto piuttosto impegnativo ed adatto ad escursionisti esperti presentando un dislivello consistente.

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Qui il bosco di faggio prende il posto della prateria a pascolo, dove forma un complesso e lussureggiante faggeto. Tali componenti conferiscono a questa località un aspetto tipico dell'alta montagna, i cui paesaggi intensi e complessi sono tra i più suggestivi che il Parco può offrire ai suoi visitatori.

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Tale tratto non è percorribile nei mesi da Maggio ad Ottobre per preservare i luoghi di nidificazione dell'aquila reale. In questo caso da casa di Mastro Peppino proseguendo verso nord si segue il Sentiero "566b - Deviazione SI per la salvaguardia della nidificazione Aquila reale" fino a raggiungere il Rifugio Luigi Oristano di Piano Zucchi.

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Ven 30 Dic 2022 - 18:45

Sentiero Stagno Gorgonero - Piano Catarineci

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Lunghezza del percorso: 2 Km e 954 metri
Tempo di andata: 3 Ore
Tempo di ritorno: 2 Ore
Altitudine punto di partenza: 1158 m/slm
Altitudine punto di arrivo: 1423 m/slm
Stagioni consigliate: Primavera | Estate | Autunno | Inverno
Difficoltà: E
Attrezzatura da non dimenticare
Scarpe da trekking
Abbigliamento comodo
Borraccia con acqua
Cappellino


Dallo stagno Gorgonero ci si immette nel sentiero n.10a che si inerpica attraverso una strada sterrata in mezzo a un fitto bosco di castagni, pini e Agrifogli.

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Inizialmente si raggiunge un piccolo rifugio, poi un bevaio (abbeveratoio), in prossimità dell'anello di Pizzo Catarineci (sentiero A).

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Si prosegue lungo il sentiero che attraversa Vallone Scopalacqua, dove è obbligatoria una sosta alla sorgente per assaporare la freschezza delle acque di alta montagna.

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Si sale fino a raggiungere un abbeveratoio, in prossimità di Cozzo di Raimonda, e continuando lungo sentiero si arriva a Piano Catarineci, un magnifico tappeto verde che si estende da Cozzo Ipsi a Pizzo Catarineci dove spesso è possibile godere dell'incantevole vista di cavalli allo stato brado.

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