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Maria Messina, una Mansfield siciliana  Empty Maria Messina, una Mansfield siciliana

Sab 28 Gen 2023 - 18:10
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Così la ricorda la nipote, la scrittrice Annie Messina: “Una giovane donna minuta con un visino pallido dai grandi occhi luminosi,incorniciato da una massa di fini capelli castani. La sua fragilità celava una forza d’animo non comune, la forza che le ci era voluta per denunciare, lei signorina di buona famiglia che avrebbe dovuto ignorare certe vergogne, quello che si celava dietro la facciata di case rispettabili, in cui la donna era tenuta in uno stato di soggezione prossimo alla schiavitù”.
Maria Messina fu una grande scrittrice di cui, dopo la morte avvenuta nel 1944, si perse il ricordo. La memoria letteraria è stata molto avara nei suoi confronti, solo dopo la ristampa di alcune sue opere nel 1980 e l’attenzione di Leonardo Sciascia, si aprì uno squarcio sul silenzio che la circondava.
Era nata a Palermo il 14 Marzo del 1887 da Gaetano e Gaetana Valenza Traina. Nel 1903 si trasferì con la famiglia a Mistretta e lì visse fino al 1909. La maggior parte delle sue opere risentono delle atmosfere di quel luogo, nel cuore dei Nebrodi, della provincia messinese. In seguito si spostò in varie parti d’Italia per seguire il padre che era un ispettore scolastico: in Umbria, nelle Marche, in Toscana e infine si stabilì a Napoli.
A vent’anni fu colpita dalla sclerosi multipla, malattia che la costrinse a condurre una vita schiva, quasi sempre tra le pareti domestiche.
Intrattenne intensi rapporti epistolari con Giovanni Verga ed Ada Negri. Quest’ultima curò la prefazione ad una sua raccolta di novelle del 1918 Le briciole del destino e pur non avendola mai incontrata le scrive: “Mia piccola sorella Maria, non ti conosco fisicamente ma mi sembra di conoscere bene la tua grande anima”.


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Tra le sue raccolte di novelle ricordiamo Pettini fini del 1909, Piccoli gorghi del 1911 e Personcine e Ragazze siciliane del 1921.
Fu anche autrice di libri per ragazzi e ragazze: Cenerella, I figli dell’uomo sapiente, Il galletto rosso e blu e Il giardino dei Grigoli.
Il suo primo romanzo Alla deriva è del 1920 e da lì parte la sua cifra stilistica che fotografa e racconta una società provinciale, perbenista, rassegnata alle forme da rispettare e che fa emergere la donna come “una vinta tra i vinti”, un essere passivo in una condizione di “muta e drammatica subalternità”.
In un altro suo romanzo, La casa nel vicolo, la scrittrice mette in risalto una donna sottomessa alla famiglia patriarcale siciliana, a cui è negata ogni autonomia e da cui ci si attende solo fedeltà ed obbedienza cieca. Questa sua denuncia la troviamo in tutti i suoi romanzi, la donna come “pupattola di cencio” che non ha voce per gridare i diritti negati di libertà ma che si salva estraniandosi da sè e dalla propria quotidianità.
Leggere le sue pagine significa ritrovarsi all’interno di povere e misere case, nei vicoli dove le donne si radunavano a cucire, nei balconcini dove sbocciavano margherite, gerani e giunchiglie, e ancora panorami di frumento, poggi e colline ondulate. E poi ci si immerge nelle trame delle vite di nonne sagge, di padri despoti e duri, di madri silenziose, di sorelle, cugine, amiche accomunate da destini scelti da altri. Si entra, quasi in punta di piedi, nelle cucine con i grandi focolari e il profumo del pane o dei dolci appena sfornati, nelle stanze da letto con piccole culle che ondeggiano, in piccoli viottoli freschi ed ombrosi punteggiati da edicole votive in onore di santi e madonne. E in questi ambienti spesso si stagliano figure femminili “pallide, magroline, vestite di nero” a cui a volte non era neanche permesso studiare dalle monache, perché le fanciulle andavano custodite e il padre “voleva formarle lui, a suo modo, docili, semplici, ignoranti, senza desideri, come debbono essere le donne”.


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Per alcuni critici letterari le opere di Maria Messina possono essere inserite nel filone narrativo seguito da Verga, Capuana e Pirandello. In effetti nei suoi primi scritti si rintraccia l’influenza verghiana ma in seguito la sua arte narrativa assume un’identità autonoma, con un verismo in cui gli avvenimenti impattano soprattutto l’animo femminile.
Leonardo Sciascia la definì invece una “Mansfield siciliana” per i suoi racconti realistici e l’interesse verso la quotidianità.
Così le scrisse Ada Negri dopo aver accettato di scrivere la prefazione de Le briciole del destino: “le briciole del destino: avare e magre, sprezzanti ed anonime, che la vita getta con distratto compatimento agli Umili…tu hai voluto studiare questi cantucci di umanità che sanno di vecchia polvere, di vecchi stracci abbandonati, di vecchie ragnatele, di vecchie lacrime rancide: Tu vi sei riuscita piccola sorella Maria. Come?…Non so”.
Maria Messina morì il 19 gennaio del 1944 a Masiano, una frazione a pochi chilometri da Pistoia, in una casa di contadini dove si era rifugiata per sfuggire ai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Nel 2009 i suoi resti mortali sono stati traslati dal cimitero di Pistoia a quello di Mistretta, ove oggi riposa accanto alla sua amata madre.

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Fonti: enciclopediadelledonne.it, informagiovani-italia.com

Fotografie: web

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Maria Messina, una Mansfield siciliana  Empty “La casa nel vicolo” di Maria Messina

Dom 9 Lug 2023 - 18:00


La casa nel vicolo (Treves, 1921; Sellerio, 1982)

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L’opera racconta la vita di Antonietta e Nicolina, due sorelle legate e segnate da un cammino comune. Le sorelle vivono con la famiglia a Sant’Agata. Nella loro vita compare don Lucio, un amministratore ed usuraio che aveva prestato del denaro al padre. Don Lucio è un giovane che sembra già un vecchio, ma viene accolto in famiglia soprattutto da quando mostra interesse per Antonietta. E l’interesse cresce fino al punto di “domandarla in isposa”. Quando Antonietta lascia la casa della famiglia, e va a vivere con don Lucio nella casa nel vicolo, la sorella Nicolinedda la segue come una “sposa senza anello e senza sposo”.
Antonietta ha tre figli il gracile Alessio, Carmelina e la piccola Agata. Per le due sorelle i bambini sono un ritaglio di luce nella vita altrimenti squallida. Antonietta e Nicolina vivono infatti segregate e non fanno che assecondare e servire il padre-padrone che domina con le parole dette e non dette, e con le velate minacce. Ma a don Lucio non basta dominare, vuole anche possedere, e vuole possedere anche Nicolina, e nasce così un rapporto incestuoso con la cognata. Rapporto che porterà le due sorelle ad allontanarsi e alla fine a vivere come separate in casa: nella casa della loro prigionia. Antonietta vorrebbe che la sorella se ne andasse, ma Nicolina non ha prospettive dopo avere sciupato la propria giovinezza al servizio di entrambi.
Negli anni Alessio crescendo sviluppa una propria sensibilità ed un’affinità con “Zia Nicoli'”, di cui intuisce una sofferenza dettata da una colpa inesprimibile. Alessio vuole conoscere il mondo oltre la scuola ed il vicolo: ma questo lo porta ad allontanarsi dal padre, e ne nasce un contrasto. La ribellione porta il ragazzo a fuggire da casa ed al gesto estremo di togliersi la vita. Il romanzo termina con don Lucio che cerca di ricostruire, ma risulta impossibile, e le sorelle non possono che sorreggersi con mutua pietà: impedendo a don Lucio di separarle, per restare unite e divise per sempre nella casa prigione della via del vicolo.


“Il libro è una cosa: lo si può mettere su un tavolo e guardarlo soltanto, ma se lo apri e leggi diventa un mondo.”

(Leonardo Sciascia)




(dal web)


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Et si omnes, ego non
A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio
La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli
Stupidi si nasce, ma ridicoli ci si diventa
Wenn meine Großmutter Räder hätte, wäre sie ein Fahrrad
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